Il tema annoso del precariato, il ritardo italiano sui livelli di apprendimento e il continuo arretramento sul diritto allo studio. Il tutto nel quadro di un ddl di riforma della scuola portato avanti dal governo tra polemiche e proteste. Di questo si è discusso, nel corso delle Giornate del Lavoro che si stanno svolgendo a Firenze, nel corso della tavola rotonda “Per una buona scuola davvero”, moderata dalla giornalista de “il Messaggero” Camilla Mozzetti.

Gianna Fracassi, segretario confederale Cgil, ha aperto il suo intervento puntando l'indice su uno degli aspetti più controversi del ddl, quello delle assunzione dei precari. “Al primo annuncio del piano di assunzioni – ha detto – eravamo molto contenti. Poi, però, i contenuti ci hanno profondamente deluso. Noi abbiamo chiesto un piano di assunzione pluriennale, perché siamo consapevoli che c'è un problema di risorse, ma è anche giusto offrire un percorso certo a tutto quel personale che in questi anni è riuscito a mandare avanti le nostre scuole. Non è solo una questione di diritti dei lavoratori, ma anche di qualità dell'insegnamento, rispetto al quale la continuità didattica rappresenta un elemento fondamentale. Inoltre le 100.000 assunzioni previste dal ddl non sono affatto sufficienti per coprire l'organico funzionale che è stato meritoriamente introdotto nella riforma”. Tra l'altro, ha aggiunto Fracassi, “nei prossimi anni ci sarà un massiccio turn-over, che può essere 'utilizzato' per le stabilizzazioni e per garantire il necessario rinnovamento della scuola”.

La necessità di rinnovare dalle fondamenta la scuola è stato il filo rosso dell'appassionato intervento di Luigi Berlinguer, ex ministro della Pubblica istruzione. “La scuola italiana è ancora una scuola di classe – ha detto -, che seleziona e prepara ai diversi ruoli nella società. La dispersione scolastica è frutto anche di un sistema educativo che espelle una parte mentre la sinistra deve sposare una grande battaglia per una scuola per tutti, e non solo per formare i quadri dirigenti. Per questi cambiamenti l'autonomia ha un ruolo fondamentale, così come la necessità di innovare la didattica. Non basta più una scuola fondata rigidamente sulle discipline e sulla trasmissione verticale dei saperi, ma va aperta al territorio, deve entrare a far parte di una comunità”. “Non condivido tutto del ddl – ha aggiunto -, per esempio non mi convince il ruolo del dirigente nella valutazione. Ma non si perdi l'occasione, si emendi, si cerchino soluzioni. In ogni caso, non si possono fare riforme senza investimenti”. Cruciale anche il ruolo delle delle nuove tecnologie, “fondamentali per cambiare i modelli di apprendimento, perché a differenza, per esempio, della vecchia tv unidirezionale permettono scambio, interazione e possono sviluppare potenzialità didattiche prima insespresse”.

Tra i temi importanti anche quello del diritto allo studio. Federica Laudisa, dell'Osservatorio regionale Piemonte sul diritto allo studio - ha snocciolato cifre inquietanti: “La Ue ha stabilito per il 2020 un obiettivo del 40 per cento di laureati. In Italia siamo al 22 per cento, rispetto a una media europea del 39. Abbiamo il 27 per cento dei nostri cittadini che non hanno un diploma, in Europa sono solo il 17 per cento. Sembra però che la nostra classe politica, i diversi ministri che si sono succeduti negli ultimi anni, non si pongano il problema. Anzi spesso il dibattito è stato centrato su uno slogan falso come 'in Italia ci sono troppi laureati'. Basti ricordare la frase della ministra Fornero secondo la quale non è necessario che tutti vadano all'università. Invece la laurea paga, e soprattutto in tempi di crisi: nel 2014 il tasso di disoccupazione è cresciuto in particolare per chi aveva solo la licenzia media”. Secondo Laudisa, per recuperare gli studenti serve “un efficace diritto allo studio e una formazione terziaria di tipo tecnico-professionalizzante”.

Duri con i provvedimenti messi in cantiere dal governo anche i rappresentanti degli studenti. “Nel ddl – ha detto Gianluca Scuccimarra, coordinatore Udu – manca qualsiasi intervento sul diritto allo studio e sulla delicata fase di passaggio tra scuola e università. Una mancanza, quest'ultima, gravissima, perché dimostra l'assenza di una visione di insieme del sistema dell'istruzione. Forse non si tratta di una svista: crediamo che l'idea sia quella di scoraggiare gli accessi per provare ad assestare un colpo definitivo all'università di massa”. “Il che è evidente – ha osservato – dall'andamento delle tasse universitarie: siamo il terzo paese più 'caro' in Europa e le tasse continuano ad aumentare ogni anno. Come si può parlare, con questi ostacoli, di valorizzazione del merito”?

Per Alberto Airone, portavoce Rete studenti medi, “Il cambiamento della didattica, che dovrebbe essere alla base di un vero mutamento in meglio della scuola non è presente nella riforma del governo Renzi,
che continua a procedere senza ascoltare chi nella scuola sta, come le rappresentanze studentesche. Speriamo che l'atteggiamento cambi, ma ne dubito fortemente”.

In generale in tutti gli interventi c'è la convinzione che nonostante alcuni cambiamenti portati nel ddl, la riforma sia ancora largamente insufficiente. Tra tutti gli esempi citati, colpisce quello indicato dalla Fracassi e che riguarda il tema cruciale del rapporto scuola-lavoro: “Mentre si parla con molto enfasi dell'alternanza scuola-lavoro, poi nella riforma dell'apprendistato del Jobs Act si introduce la possibilità di assolvere per ragazzi di 15 anni l'obbligo formativo in azienda senza nessuna vera garanzia di apprendimento. In realtà si tratta di una cosa molto chiaro: far lavorare ragazzi a basso costo e spesso con mansioni dequalificate”. “Alla scuola italiana – ha concluso la sindacalista – serve ben altro. Lo stesso scatto e coraggio che portò all'introduzione negli anni sessanta della scuola media unica. Per noi occorre innalzare l'obbligo scolastico a 18 anni, ma il tema dell'innalzamento dei livelli di istruzione è completamente assente dal progetto dell'esecutivo e invece è fondamentale se si vuole costruire davvero una scuola che cambia e include tutti”. (S.I)