Chi erano in realtà i membri di questa cellula nera di Zwickau, una cittadina del sud-ovest della Sassonia che da 14 anni vivevano in clandestinità? Un gruppo di 3-4 terroristi, come sostengono attualmente gli inquirenti, o una cellula facente parte di un “network nero”, chiedono di chiarire in fretta stampa e partiti tedeschi.

È una domanda che scuote la Germania. E fa discutere a tutti i livelli perché da questa domanda ne nascono altre, anch’esse inquietanti. E tutte attendono una risposta rapida e inequivocabile.

Il 4 novembre, a Eisenach in Turingia, due membri del gruppo, si suicidano in auto dopo aver rapinato una filiale della Sparkasse. I due, ascoltando le frequenze della polizia, avevano capito di essere circondati. Il terzo membro, una donna, alcune ore più tardi, da alle fiamme a Zwickau l’appartamento dei tre e pochi giorni dopo si consegna alla polizia.

Il gesto di Beate Z. lascia cadere un velo di terrore. Tra le macerie della casa di Zwickau la polizia trova la pistola con la quale si ritiene che nel 2007 sia stata uccisa la poliziotta Michèle K., e trova anche la Ceská modello 83 calibro 7,65 che negli ultimi 10 anni ha assassinato in diverse città della Germania 9 uomini, 8 turchi e un greco. L’arma di ordinanza della poliziotta Beate Z. era stata trovata poco prima nell’auto bruciata nella quale i due membri maschi del gruppo si erano suicidati.

Ma non è tutto. Vengono trovati anche 4 dvd, pronti per essere spediti alla stampa e a centri culturali islamici. Il settimanale Der Spiegel scrive che i dvd contengono un film propagandistico di 15 minuti del Nationalistischer Untergrund, e che questo sarebbe un “network nazionale di camerati fondato sul principio fatti anziché parole” (fonte Der Spiegel). Un film nel quale il gruppo irride le vittime, mostra i loro corpi e presenta i reati in forma comica utilizzando la figura della pantera rosa per un “Deutschland-Tour”, cioè come guida attraverso gli assassinii compiuti in tutta la Germania.

Una scia di sangue interminabile. Come quella lasciata a Colonia il 9 giugno del 2004 dall’esplosione di una bomba che ferisce anche gravemente 22 persone, quasi tutte turche.

I tre, Uwe B., Uwe M. e Beate Z, originari di Jena, erano già noti dagli anni ’90 come neonazisti alla polizia e al
Bundesamt für Verfassungsschutz, un servizio segreto a tutela della Costituzione. Nel febbraio del 1998 la polizia trova nel loro garage alcuni ordigni rudimentali e 1,4 chili di tnt. Tuttavia i tre, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung, “fuggono in modo ancora oggi non chiarito”. Entrano in clandestinità e sono come “inghiottiti dalla terra”, scrive ancora la FAZ. Il procedimento giudiziario nei loro confronti viene sospeso nel 2003 per prescrizione.

E gli assassinii che insanguinano la Germania vengono ascritti alla mafia turca. Sino al 4 novembre 2011. Eppure gli indizi che portano nel campo neonazista sono tanti. Così come tante sono le possibilità di arrestare e incastrare i membri del gruppo. Ora una commissione speciale d’inchiesta cerca di far luce sui numerosi attentati dinamitardi e omicidi degli ultimi 10 anni.

La Germania è sotto shock. Troppe le domande inevase, riassunte oggi dalla sueddeutsche.de, la versione online del quotidiano di Monaco di Baviera: siamo di fronte ad un network nero? Polizia e servizi segreti hanno addirittura aiutato e coperto il gruppo?

Per ora non ci sono prove concrete di aiuti da parte di organi dello stato. Certo è invece che il gruppo ha ricevuto ampie coperture in ambienti neonazisti e certi sono i numerosi intoppi e errori nelle indagini.