Quattromila euro in Italia, molto meno della metà in Francia, Gran Bretagna e Spagna, qualche spicciolo in Germania. Queste, a parità di reddito, le tasse versate ogni anno da un pensionato da 1.500 euro lordi al mese nei cinque principali Paesi dell’Unione Europea. Il “solito” allarme dei sindacati pensionati? No, il dato non arriva da un sindacato, ma da un’organizzazione imprenditoriale, Confesercenti, che ha realizzato una ricerca comparata su tasse e pensioni, mettendo a confronto l’Italia con i suoi grandi partner europei. Non numeri di parte, quindi, ma cifre reali per fotografare la disparità del modello fiscale italiano, che non è soltanto tra i più costosi al mondo per i suoi contribuenti, cittadini e imprese, ma anche tra i più penalizzanti per i redditi più bassi e quelli fissi in particolare. Gli 80 euro di bonus mensile rivendicati dai pensionati, quindi, sono solo un aspetto del problema, perché sarebbero solo l’inizio di un risarcimento nei confronti di una categoria tra le più tartassate dall’erario italiano.

Italia-Europa
Anche di questo si è parlato a San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine, nel corso della nona festa regionale di Liberetà, presenti i segretari generali dello Spi e della Cgil Friuli Venezia Giulia, Ezio Medeot e Franco Belci, di Ivan Pedretti della segreteria nazionale Spi, Luca Visentina della Confederazione europea dei sindacati e la europarlamentare friulana del Partito democratico Isabella De Monte. E non è sicuramente un caso se un tema del genere è particolarmente sentito in una regione di confine, naturalmente votata al confronto con i Paesi confinanti, Austria e Slovenia, entrambi appartenenti all’Unione.

Austerity
In un’Europa sempre più in balia alla logica dominante dell’austerity e palesemente viziata dal peccato originale di una scarsa rappresentatività delle sue istituzioni centrali, come denunciato da Medeot, Pedretti e da tutti i relatori succedutisi sul palco di San Giorgio, esistono comunque Paesi che rispetto all’Italia sono isole felici per i pensionati e i lavoratori dipendenti: vuoi per un livello di tassazione che generalmente è molto più basso rispetto al nostro, sui redditi da lavoro fisso in generale e sulle pensioni in particolare, vuoi perché, laddove le tasse sono su livelli simili o superiori a quelli italiani, queste sono quasi sempre compensate da un welfare molto più generoso (e organizzato) del nostro.

I dati Kpmg
Ma andiamo ai numeri. E analizziamo, prima di passare al caso specifico dei pensionati, quanto pesano le tasse sui redditi in Italia e nel resto d’Europa. Nel farlo ci viene in soccorso un’altra ricerca, pure questa proveniente da una fonte non certo vicina alla Cgil o al sindacato in genere. Si tratta infatti di un’indagine realizzata all’inizio del 2013 per il Sole 24 Ore dal gruppo Kpmg, multinazionale specializzata nei servizi di contabilità, bilancio e auditing. Ebbene, lo studio di Kpmg prende a riferimento i sistemi fiscali della “vecchia” Unione Europea a 15 (tutti i Paesi già membri prima dell’allargamento del 1° maggio 2004), con l’aggiunta della Svizzera (oltre che di Slovenia e Slovacchia, entrate a far parte dell’Unione dieci anni fa). Tasse e Welfare. Il quadro che ne emerge è chiaro: nel primo scaglione di reddito considerato, i 20.000 euro, solo Belgio, Danimarca, Grecia e Slovenia “vantano” – si fa per dire – una pressione fiscale più elevata dall’Italia. Su 20.000 euro di reddito lordo, in sostanza, un italiano ne versa oltre 5mila in tasse, contro i 1.700 di un cittadino tedesco, i 1.500 di un francese e i 4.000 di un inglese. E se è vero che nel nord Europa si viaggia tra i 6.000 e i 7.000 euro di tasse di Svezia, Danimarca e Belgio, sempre con 20.000 di reddito, è noto che si tratta di Paesi con una qualità del welfare pubblico decisamente superiore al nostro: come dire che le ingenti tasse versate, come anticipato più sopra, hanno un evidente corrispettivo in termini di servizi ai cittadini e alle famiglie, dagli asili nido all’assistenza domiciliare (con tutti i benefici che ne derivano anche per il mercato del lavoro, dove la partecipazione delle donne è altissima rispetto alla nostra).

Tasse e redditi
I numeri di Kpmg, pur basati sui soli redditi imponibili (al netto cioè di detrazioni e deduzioni, che non sono state considerate né per l’Italia né per gli altri Paesi oggetto dell’indagine) e non aggiornati alle ultime novità fiscali, evidenziano come la pressione fiscale italiana, pur mantenendosi superiore alla media in quasi tutti gli scaglioni considerati, si riduca in quelli più alti: per fare massa, in sostanza, si colpisce sul bersaglio grosso, la base della piramide, e sui redditi certi, quelli dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. L’esigenza di fare cassa, detto in altre parole, ha nettamente il sopravvendo sulle ragioni dell’equità e della progressività del sistema fiscale.

Tasse e pensioni
Più specifica rispetto a quella commissionata dal Sole 24 Ore la ricerca di Confesercenti, incentrata esclusivamente sui pensionati e tesa ad approssimare il più possibile il livello di imposizione reale, tenendo conto sia delle imposte locali sia delle più comuni detrazioni e deduzioni (a partire da quelle per lavoro dipendente e pensioni), che come detto non erano state invece considerate nello studio di Kpmg. Appurato che in Italia le tasse sono più alte della media europea e che le fasce basse di reddito sono le più penalizzate, l’approfondimento successivo ci dice che ai pensionati va ancora peggio. Se all’estero, infatti, essi godono spesso di un trattamento fiscale privilegiato, in Italia accade il contrario: non solo non hanno benefici fiscali rispetto alle altre categorie di contribuenti, ma risultano penalizzati nel gioco delle detrazioni (sia pure con qualche eccezione, vedi ad esempio l’ammortamento fiscale accelerato delle spese per ristrutturazioni o riqualificazioni energetiche, che riguardano comunque una platea ridotta di contribuenti).

Salasso
Più tasse, insomma, tanto che su una pensione da 1.500 euro al mese, sostanzialmente tre volte la minima, un pensionato italiano subisce imposte per 4mila euro all’anno, contro i 1.800 euro di uno spagnolo, i 1.000 di un francese e i 40 euro (sì, soltanto quaranta euro, assicura Confesercenti) di un contribuente tedesco. Le aliquote di prelievo fiscale, ovviamente, scende progressivamente con il calare del reddito. Ma in Italia non così rapidamente come altrove, se è vero come è vero che da noi anche un pensionato da 900 euro lordi al mese (1,5 volte la minima) versa il suo obolo al fisco, 900 euro all’anno, contrariamente a quanto avviene in Germania, Spagna, Francia e Gran Bretagna, dove a quei livelli di reddito corrisponde un prelievo fiscale pari a zero.

SOS addizionali
Ad aggravare il quadro del nostro sistema fiscale la progressiva crescita delle addizionali e delle imposte locali, che secondo i dati della Cgia-Confartigianato di Mestre (ennesima fonte indipendente, quantomeno dal sindacato) sono triplicate (191%) dal 1997 a oggi. Dato che appesantisce parecchio la crescita del 42% registrata, nello stesso periodo, dalle imposte nazionali. Trattandosi di imposte ad aliquota fissa, le tasse locali – in assenza di correttivi, esenzioni e riduzioni legate al reddito – aggravano la disparità del sistema fiscale nei confronti dei redditi più bassi. Da qui l’impegno dello Spi e di tutto il sindacato sul fronte della contrattazione territoriale con i Comuni, volta a preservare le fasce più deboli della popolazione da un aumento incontrastato delle tasse a livello locale.

Contrastare l’evasione
“Se da un lato può essere considerata una risposta dei Comuni al drastico taglio dei trasferimenti e delle entrate – commenta il segretario generale dello Spi-Cgil Friuli Venezia Giulia Ezio Medeot – la crescita indiscriminata delle imposte locali potrebbe essere evitata o quantomeno ridimensionata se tutte le amministrazioni locali utilizzassero in modo adeguato la leva della lotta all’evasione”. Un’esigenza, questa, che i sindacati dei pensionati hanno ribadito a più riprese non soltanto alle singole amministrazioni, ma anche all’Anci regionale. “Non è infatti accettabile – aspiega ancora Medeot – che soltanto 8 dei 216 comuni del Friuli Venezia Giulia abbiano sottoscritto protocolli antievasione con l’Agenzia delle Entrate. Non sappiamo con quali risultati in termini di imposte recuperate, ma è cosa nota che in altre regioni il numero dei protocolli sia molto più elevato: in Emilia Romagna e in Toscana una percentuale tra il 50 e il 70 per cento delle amministrazioni municipali hanno già provveduto a firmarli. Vero che il protocollo non basta, se questo non trova poi concreta attuazione, ma rappresenta già un primo passo nella direzione giusta e un segnale chiaro nei confronti degli evasori”.