Mi chiamo Antonella Chiatti, ho 55 anni e sono scontrinista dal 2010. Prima ero nella cooperativa di vigilanza, preparavo i pass all'atrio, stavo nella hall. Poi, sette anni fa, ho cominciato a lavorare ai banchi di distribuzione con questa particolare forma di pagamento. Come funziona? Una volta al mese viene un rappresentante della cooperativa: non gli diamo gli scontrini che nel frattempo abbiamo raccolto, lui ci consegna l’assegno di 400 euro”. Antonella lo racconta ai microfoni di RadioArticolo1 mentre sta protestando, insieme ai suoi colleghi di sventura, davanti a quello che è stato il suo luogo di lavoro per così tanto tempo. «Non è volontariato, è lavoro e va pagato», questo lo slogan che hanno scritto su uno striscione piazzato nei pressi dell'importante istituto. Una risposta diretta a quanto ha detto ieri il ministro Dario Franceschini durante il question-time, cioè, più o meno, che la legge sul lavoro volontario c'è e tale deve restare. “Ma se dovessi rimanere senza lavoro – racconta la donna – non saprei dove sbattere la testa”.

Sono in totale 22 gli scontrinisti romani che garantiscono il servizio e che potrebbero essere sostituiti da volontari – quelli sì – del servizio civile. Siamo all'ultimo gradino della scala della dignità, persino sotto i voucher. Un caso in realtà già noto, sollevato lo scorso gennaio dalla Cgil insieme a Rassegna all'inizio della campagna referendaria su voucher e appalti (qui il video di Federica Rocchi, la prima “scontrinista” a essere intervistata). Negli ultimi giorni, però, la vicenda è tornata all'onore nelle cronache con altre interviste anche in tv. La conseguenza è stata drastica. “Dall'oggi al domani – riprende a spiegare Antonella – siamo stati mandati via. Abbiamo lavorato tanti anni con passione. Io adoro stare in mezzo ai libri, adoro lavorare in biblioteca e ho sempre dato il massimo. Il responsabile dei servizi lo sa benissimo quanto ho dato io alla biblioteca”.

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Non pretendono un posto a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione – cosa ovviamente impossibile senza un concorso – però fanno notare che la biblioteca è andata avanti per anni grazie al loro impegno. Potrebbero dunque rimanere in servizio con una forma di contratto anche a tempo determinato, eventualmente rinnovabile. “Ciò che proprio non possiamo accettare – conclude Antonella – è essere trattati come numeri. Ci è stato detto che verranno delle proposte, mi auguro che una di queste venga accolta perché la Ales è una società molto seria e riconosciuta dal ministero”.

La vertenza, si diceva, era già nota alla Cgil e al Nidil. Lo spiega sempre a RadioArticolo1 Claudio Treves, segretario generale della sigla che rappresenta gli atipici: “Ci siamo scontrati e continuiamo a scontrarci con la sordità ottusa del ministero dei Beni Culturali e della direzione della biblioteca. Loro si trincerano dietro la cosiddetta legge Ronchey, una norma degli anni '90 che ammetteva la possibilità, per la fruizione dei beni culturali, di ricorrere anche ai volontari”. Sulla carta, un’idea nobile e condivisibile. “Ma non quando diventa palesemente aggiuntiva rispetto alla normale struttura che quel bene culturale deve garantire – osserva l'esponente della Cgil –. Ed è esattamente quello che è accaduto ai lavoratori della Biblioteca nazionale: sono stati inseriti nei turni, utilizzati per attività tipiche come la sorveglianza agli accessi, la distribuzione dei libri, la catalogazione. Insomma, tutto ciò che normalmente fa una biblioteca. Così, però, non c'è più quella natura ‘volontaria’ cui si riferisce il ministro. C'è soltanto una forma ignobile di compenso, il dover raccattare anche per terra gli scontrini. La Cgil non li lascerà soli”.

 

C'è sullo sfondo il grande tema dei precari pubblici sul quale potrebbe arrivare una svolta positiva dopo la recente approvazione del Testo unico. “Grazie a una battaglia pluriennale del sindacato – conclude Treves – si riconosce finalmente la necessità di superare anche dal punto di vista normativo il precariato nella pubblica amministrazione. Peccato, lo dico da segretario di Nidil, che ci si 'dimentichi' in questa meritoria operazione dei lavoratori in somministrazione, circa 10mila, peraltro concentrati in settori delicatissimi come la sanità. Da parte nostra non chiudiamo questa questa battaglia, sicuramente continueremo la nostra pressione”.