Il 29 luglio si ritroveranno senza lavoro. Sono gli 87 lavoratori della Nokia, colosso finlandese delle telecomunicazioni, per i quali il 16 maggio scorso la società ha aperto una procedura di licenziamento collettivo. Gli esuberi sono così distribuiti: 60 all’Energy Park di Vimercate (Monza), 15 a Roma, 9 a Rieti e 3 a Battipaglia (Salerno). La gran parte sono ricercatori, ingegneri e professionisti di lunga esperienza, d’età compresa tra 45 e 60 anni, già “scampati” ai tagli conseguenti all’acquisto, da parte di Nokia, delle concorrenti Alcatel-Lucent (aprile 2015) e Siemens (luglio 2013).

Sindacati e Rsu hanno indetto per oggi (mercoledì 30 maggio) uno sciopero di quattro ore in tutto il gruppo. “Riteniamo assolutamente inaccettabile che un’azienda non in crisi scelga, in maniera cinica, di procedere a licenziamenti collettivi, senza voler aderire all’invito reiterato di ricercare una soluzione non traumatica per evitare i licenziamenti”, si legge in una nota di Fiom e Slc Cgil, Fim e Fistel Cisl, Uilm e Uilcom Uil: “Tra l’altro l’azienda ha più volte sottolineato che ogni anno ci sarà bisogno di riallineare gli organici. Quindi ogni anno potremmo trovarci davanti a scelte unilaterali della direzione aziendale di diminuire gli organici attraverso licenziamenti”.

Il 15 maggio scorso si è tenuto a Roma un incontro con la direzione aziendale, presso il ministero dello Sviluppo economico (che seguiva il vertice precedente dell’8 maggio), che non ha portato novità positive, visto che Nokia ha confermato la volontà di liberarsi degli 87 lavoratori, aprendo il giorno seguente la procedura di licenziamento collettivo. I sindacati, inoltre, considerano “un ricatto pretendere che i lavoratori e le lavoratrici firmino entro fine luglio la loro fuoriuscita dall’azienda per avere il 'privilegio' di essere licenziati per ultimi, ossia alla fine dei 120 giorni che seguono la chiusura della procedura”. Fiom, Slc, Fim, Fistel, Uilm e Uilcom, in conclusione, rimarcano che “si può essere salvi a fine 2017 e considerati esuberi a inizio 2018: nell’ottica aziendale siamo tutti precari in funzione delle logiche (a volte oscure) del business”.