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Oggi (lunedì 4 dicembre), a dieci anni dalla sua scomparsa, la Cgil nazionale e la famiglia ricordano Mario Didò, sindacalista ed europarlamentare, socialista ed europeista, attraverso due iniziative: un convegno dal titolo “La dimensione sociale europea e la sua evoluzione attraverso l’esperienza sindacale e politica di Mario Didò”, che si terrà alle ore 17 presso la Cgil nazionale (Sala Santi), e la pubblicazione, edita dalla casa editrice Lithos, del volume Il viaggio di Mario Didò verso la costruzione di un’Europa sociale. Una strada sindacale e politica, dalla banlieue di Parigi al Parlamento europeo, che sarà distribuito nell’ambito dell’iniziativa.
Mario Didò nasce nella periferia di Parigi il 16 novembre 1926, essendo il padre, figlio di una famiglia contadina, emigrato giovanissimo prima in Germania e poi in Francia. La famiglia rimpatria in Italia nel 1941, dopo l’invasione tedesca della Francia e la costituzione del regime di Vichy. Nel 1942, a soli 15 anni, Mario viene assunto come operaio metalmeccanico (titolo che orgogliosamente manterrà sempre, anche nei curricula parlamentari), in un’azienda collegata alla Siai-Marchetti.
Dopo la caduta del fascismo si distingue per la sua attività politica, sia in fabbrica (segretario del nucleo aziendale socialista), sia come dirigente della sezione territoriale del Psi di Somma Lombardo. Frequenta contemporaneamente una scuola serale a Gallarate, diplomandosi geometra presso l’Istituto Carlo Cattaneo di Milano nel 1948.
Nel 1949, da dirigente sindacale, partecipa al primo congresso della Fiom di Firenze. Successivamente, diventa segretario generale della Camera del lavoro di Somma Lombardo, di Gallarate e di Busto Arsizio, impegnandosi nelle lotte sindacali per affrontare la grave crisi che nell’immediato dopoguerra colpisce le fabbriche legate alla produzione bellica. Tre anni più tardi, nel 1952, entra nella segreteria provinciale della Camera del lavoro di Varese e nel 1956 viene eletto al Consiglio comunale – sempre di Varese – e confermato nelle successive elezioni del 1960. Come consigliere comunale si distingue guidando la battaglia per la municipalizzazione della Svit (società privata del trasporto pubblico).
Nel 1959 è nominato segretario generale della Camera del lavoro di Varese e provincia, incarico che lascerà tre anni più tardi per trasferirsi, da vicesegretario nazionale della Cgil, a Roma. Eletto segretario nazionale della confederazione al congresso di Livorno nel 1969, lascerà la Cgil dieci anni più tardi, per candidarsi (era il giugno 1979) alle elezioni per il Parlamento europeo.
Nella biografia di Mario Didò l’elezione all’Europarlamento (con 111.555 preferenze) costituisce di fatto l’approdo naturale di un percorso intellettuale, politico e sindacale sempre attento alle trasformazioni del mondo del lavoro e alla dimensione sovranazionale dei processi politici, economici e sociali. “Didò è senza alcun dubbio da annoverare tra le figure che diedero forma alla Cgil – dice di lui Susanna Camusso –. Sebbene, nei primi anni del dopoguerra non in un ruolo di primo piano, seppe dare, una volta entrato a far parte degli organismi dirigenti nazionali, un’impronta indelebile, in particolare alla politica estera della confederazione, alla costruzione di un sindacalismo europeo e di un’Europa politica e sociale”.
“Mario Didò apparteneva a una specie preziosa, che purtroppo è ormai quasi interamente estinta – è l’opinione di Giuliano Amato –. Era la specie di coloro che si venivano preparando e poi specializzando nella cura degli interessi collettivi attraverso una sequenza di esperienze, che cominciavano negli anni giovanili sul luogo di lavoro, poi proseguivano nel sindacato o nel partito, quindi nelle cariche elettive, prima a livello locale, poi in sede nazionale e, quando arrivò l’Europa, anche europea”.
“Mario è stato per me un grande e vero amico, un compagno prezioso, sincero e determinato in tante comuni iniziative politiche e sociali che abbiamo costruito insieme”, racconta Giorgio Benvenuto. Gli fa eco Guglielmo Epifani: “Mario è stato un uomo concreto, a volte burbero, ma sempre pieno di rispetto verso interlocutori e compagni. Aiutò noi giovani a inserirci e poi ad assumere incarichi sindacali importanti, chi ai tessili, chi ai trasporti, chi agli alimentaristi, chi ai poligrafici e cartai. Anche per questo, oltre all’affetto e alla stima, ognuno di noi gli deve una parte della propria vita”.
“Appassionato combattente per la causa dell’Europa unita e del socialismo europeo”, lo ha definito nel 2007 in occasione della sua scomparsa – restituendo alla sua immagine quattro parole di sintesi perfetta – Giorgio Napolitano, che aveva conosciuto Didò da vicino nell’Assemblea di Strasburgo. “Mario Didò si distinse fra coloro che seppero conferire all’avventura di aspirazione federalista l’apporto di serietà doverosamente richiesto – racconta Francesco Gui, professore ordinario di Storia moderna alla Sapienza di Roma –. E lo fece tanto con dedizione che con il tono giusto” (1).
Con il cuore e gli ideali Didò era uomo dell’Ottocento, dicono in molti di lui, un lottatore istintivo, schierato con le persone sfavorite; una persona perbene, un uomo gentile e saggio, sebbene a volte un po’ burbero; un dirigente di straordinario valore, un grande costruttore appassionato, tenace e leale. “Il convegno a lui dedicato – spiega la figlia Monica – non rappresenta una semplice occasione commemorativa e nasce con l’obiettivo di verificare se le istituzioni europee possano proporre una politica sociale valida o se altrimenti risulti indispensabile rivedere tali strutture, le stesse nelle quali mio padre ha militato, migliorandone l’efficienza, la cooperazione e le politiche”.
(1) Tutte le citazioni sono tratte da Il viaggio di Mario Didò verso la costruzione di un’Europa sociale. Una strada sindacale e politica dalle banlieue di Parigi al Parlamento europeo, Lithos 2017
Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale