Made in Italy, marchio che vale ancora molto quando si parla di alimentare, ma a farlo in realtà sono sempre più spesso lavoratrici e lavoratori immigrati. Sono 300mila secondo Coldiretti, che ha rielaborato i dati Caritas, a lavorare nelle campagne italiane. E nel 2020 aumenteranno del 45% rispetto al 2010.

L'apporto del lavoro straniero resta dunque determinante in agricoltura
e - sottolinea la Coldiretti - rappresenta ben il 23 per cento del totale delle giornate di lavoro dichiarate dalle aziende. I lavoratori immigrati impegnati in agricoltura - precisa la Coldiretti - hanno una età media di 36 anni e per il 71 per cento sono di sesso maschile.

Sono ben 172 le diverse le nazionalità anche se a prevalere - continua la Coldiretti – sono nell'ordine Romania (113.543), India (24.823), Marocco (24.519), Albania (23.982), Polonia (22.601), Bulgaria (15.242), Tunisia (12.027), Slovacchia (11.551), Macedonia (10.254), Moldavia (5.422), Senegal (5.193) e Ucraina (4.756).

“I lavoratori stranieri - conclude la Coldiretti - contribuiscono in modo strutturale e determinante all'economia agricola del Paese su un territorio dove va garantita la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il loro lavoro e gettano un'ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell'attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale”.