“Vorrei incontrarti tra cent’anni”. È l’emblematico titolo della ricerca che la Cgil Liguria ha commissionato al professor Luca Sabatini, dell’Università di Genova, per sapere cosa pensano i giovani della regione in merito alla pensione. La riforma Fornero ha lasciato diverse ferite aperte; una è rappresentata dal fatto che andando in pensione più tardi si blocca l’ingresso al lavoro proprio alle nuove generazioni. Ecco perché la confederazione regionale ha organizzato per oggi (3 ottobre) nel capoluogo ligure il convegno “Diamoci un futuro: il patto tra generazioni per garantire la pensione ai giovani”, nel quale – a partire dalla presentazione dello studio stesso – si è cercato di tracciare possibili soluzioni per mantenere in equilibrio il sistema previdenziale.

L’indagine ha indagato un campione di 800 giovani liguri tra i 18 e i 35 anni, “interrogati” via mail o per telefono su cosa sanno realmente del loro futuro pensionistico. Il quadro emerso è parso subito da un lato prevedibile e, dall’altro, piuttosto sconsolante. Il campione di riferimento è formato dal 36,3 per cento di studenti, dal 32,1 da occupati e dal 31,6 da non occupati. Tra gli occupati il 56,1 è impiegato, il 41,9 è operaio e il 2 per cento è quadro o dirigente. Il 74.9 per cento di chi lavora è a conoscenza dell’ente a cui versa i contributi e l’86,7 per cento sa di doverli pagare obbligatoriamente (il resto del campione di chi lavora pensa che l’obbligo sia solo a carico del datore di lavoro o che dipenda dal tipo di contratto).

Sul totale del campione, alla domanda sulle esperienze di lavoro in nero, il 33 per cento risponde di averne avuta almeno una, mentre il 67 per cento ne è estraneo. Tra chi ha lavorato in nero, il 30,8 per cento lo ha fatto per meno di 6 mesi, il 32 per cento per un minimo di 6 mesi e sino a un massimo di 12, il 16,9 anche sino a due anni. Il 60 per cento degli intervistati pensa – correttamente – di poter andare in pensione tra i 65 e i 70 anni, mentre il 20 per cento non sa dare una risposta. Alla domanda su come verrà calcolato l’importo della pensione, il 60 per cento risponde “in base ai contributi versati”, il 21 per cento pensa che verrà definita una quota fissa per legge, il 10 per cento in base allo stipendio medio percepito, mentre il 7 per cento non ha nessuna idea.

Ma ciò che emerge con maggior chiarezza dalla ricerca è che, in generale, i giovani non pensano molto al loro futuro pensionistico: ben il 60 per cento del campione risponde di “non aver mai fatto un estratto conto previdenziale e di non averci nemmeno mai pensato”. La cosa si complica ulteriormente quando si passa alla domanda sull’ammontare della pensione. Qui il dato è piuttosto allarmante, perché il 17 per cento pensa che la pensione sarà uguale allo stipendio, il 31 per cento pensa di avere circa l’80 per cento dello stipendio percepito, il 20 per cento pensa che si arriverà al 60 per cento; solo il 13 per cento è consapevole del fatto che la pensione potrebbe valere meno del 50 per cento dello stipendio medio percepito. Un insieme di dati, quelli che emergono dalla ricerca, che aiutano a comprendere meglio il motivo per cui solo il 10 per cento del campione sia iscritto a un fondo complementare e circa il 90 per cento non pensi di iscriversi in futuro.