Sul palco sale Sabrina Vaccari, lavoratrice del biomedicale nell'area sisma dell'Emilia Romagna. "Vengo dalla provincia di Modena - spiega -. Negli anni i settori produttivi sono stati investiti da notevoli processi di crisi e ristrutturazione. Poi c'è stato il terremoto del maggio 2012, un evento sismico che ha cambiato la vita di tutto il territorio: abbiamo dovuto piangere 26 morti, molti dei quali erano tornati al lavoro dopo il sisma".

L'Emilia però "è un territorio di grande coesione sociale: un territorio che produce il 2% del Pil italiano. Dal terremoto sono trascorsi 5 mesi, la produzione è stata compromessa, sono crollati scuole e municipi, si è indebolito il servizio socio-sanitario. I numeri parlano da soli: ci sono 14mila lavoratori in cassa integrazione, 40mila persone non possono far rientro a casa".

"Ora i riflettori si stanno spegnendo - continua
Sabina Vaccari -, il distretto del biomedicale emiliano sta riprendendo coscienza della sua forza, coesione sociale e laboriosità: siamo consapevoli che dal nostro operato dipende la qualità della vita di molte persone. Si sta provvedendo alla garanzia della sicurezza nei luoghi di lavoro, diritto fondamentale della persona. La produzione sta progressivamente riprendendo. Emergono anche alcune contraddizioni: le aziende aumentano la capacità produttiva per rispondere alla richieste del mercato, chiedendo così una flessibilità estrema dell'orario di lavoro, in violazione dei diritti. C'è il rischio di delocalizzazioni della produzione o di una parte delle imprese".

I lavoratori colpiti dal sisma stanno rialzando la testa. "Ci siamo tirati su le maniche, ma non ce la facciamo da soli - ha concluso -: occorre il contributo di tutti, governo, istituzioni, imprese e lavoratori. Chiediamo le risorse necessarie per ripartire, solo così l'Emilia rifiorirà più forte di prima, insieme a tutto il paese". (edn)