La prevenzione conviene, anche e soprattutto in termini economici. Banconote in mano, per ogni 100 euro spesi in azioni preventive di rischio il ritorno è 219 euro. A dirlo è uno studio francese della metà di novembre, realizzato dai ricercatori Frédéric Turlan and Luc Roi dell’Organismo professionnel de prévention du bâtiment et des travaux publics (Oppbtp), agenzia specializzata in salute e sicurezza nei cantieri edili e di ingegneria civile. Lo studio ha preso in esame 27 aziende in cui sono state introdotte 101 misure proattive (come la prevenzione degli infortuni, delle malattie professionali o delle condizioni di lavoro “duro”), dimostrando come investire sulla prevenzione aumenta la produttività e migliora la performance economica d’impresa.

Veniamo allora ai risultati. Il “gain-to-cost performance” individuato dai ricercatori è di 2.19, il che significa che “per ogni 100 euro spesi in azioni preventive di rischio il ritorno è stato di 219 euro, con un utile netto di 119 euro”. Il periodo medio di ammortamento a copertura dell'investimento iniziale è di un anno e mezzo (e di 14 mesi per le piccole imprese), la durata media delle azioni (ossia il tempo necessario ai lavoratori per padroneggiare le nuove tecniche o apparecchiature) è di 5,2 anni.

"La prevenzione non è un fattore di spesa, ma un elemento di competitività e crescita" dice Ermira Behri (Fillea Cgil): "Limitare i rischi induce progressi tecnologici e riduce i costi sociali ed economici"

“È sicuramente vero che un euro investito ne porta due in benefici. Ma nel nostro settore edile le imprese non sono così lungimiranti e tendono a investire poco. Abbiamo però anche casi illuminati, fra queste sicuramente alcune delle prime imprese italiane”. A dirlo è la segretaria nazionale Fillea Cgil Ermira Behri, ricordando un analogo studio di alcuni anni fa, dove furono “monitorate 300 aziende di 15 paesi in tutto il mondo, che rivelò come ogni euro speso in prevenzione garantisse un ritorno economico – il cosiddetto Rop, acronimo per ‘Return on prevention’ – decisamente superiore, pari in media a 2,2 euro. Dunque, il rapporto costi/benefici non solo è positivo, ma addirittura vantaggioso”.

I maggiori benefici (pari al 71 per cento) si vedono nei guadagni di produzione. Tali benefici sono solitamente legati a un migliore tempo di produzione, cioè al fatto che “le aziende producono la stessa quantità in un periodo di tempo più breve, potendo così utilizzare le ore libere per migliorare altri settori”. Inoltre, la maggiore produzione “porta a un aumento dei ricavi e a più alti margini di profitto”. Un altro vantaggio consiste nella riduzione o eliminazione degli acquisti: dotare “i dipendenti di maschere di ventilazione, ad esempio, evita la necessità di acquistare costantemente maschere monouso, migliorando la qualità del prodotto”. Lo studio evidenzia anche che le azioni di maggior successo sono state quelle con l’investimento più contenuto: un quarto delle misure adottate, costate meno di 5 mila euro, hanno avuto un ritorno 20 volte superiore all'investimento iniziale.

“La prevenzione non è un fattore di costo, ma un elemento di competitività e di crescita. Limitare i rischi professionali induce i progressi tecnologici e può ridurre di molto i costi sociali ed economici” riprende Ermira Behri. Occorre allora “mettere in campo attività che riguardino l’individuazione di buone pratiche, la promozione della collaborazione tra grandi e piccole imprese, il proseguio delle campagne di sensibilizzazione”. Si deve poi colmare il vuoto informativo che lavoratori e aziende si trovano ad affrontare: “Gli ispettori del lavoro, ad esempio, devono essere visti come persone che agevolano l’adempimento degli obblighi di legge, non come ostacoli all’attività delle imprese”. Infine, il ruolo cruciale della formazione, che è “elemento fondamentale per la diffusione della cultura della prevenzione, e deve diventare tema centrale anche dell’educazione scolastica”.

Vanno rimarcati, infine, altri risultati della ricerca. Si è posto in risalto, ad esempio, che “alcune azioni preventive di rischio hanno consentito all'azienda, attraverso lo sviluppo delle competenze, di attingere a nuovi mercati e di estendere il numero dei progetti realizzati, ottenendo un maggiore margine sulle vendite e l'aumento del fatturato della società”. Da sottolineare, infine, l’impatto delle misure sull’ambiente: il 58 per cento delle azioni ha avuto un impatto positivo, nel senso che “i prodotti che sono meno pericolosi per i lavoratori sono spesso anche meno dannosi per l'ambiente, come si è dimostrato in termini di smaltimento dei rifiuti”.