In Italia gli effetti della crisi "sono ancora drammaticamente visibili: il Pil, ovvero la capacità di creare ricchezza, è ancora molto distante dai livelli pre-crisi. L'occupazione resta molto inferiore e la sua qualità è drammaticamente peggiorata". Così Riccardo Realfonzo, docente di Storia del pensiero economico all'università del Sannio, interviene a RadioArticolo1 nel corso della trasmissione Economisti erranti. "I contratti precari di lavoro - dice - distruggono la capacità di creare ricchezza, non siamo ancora fuori dalla crisi scoppiata nel 2007-2008".

 

La situazione attuale ha portato oggi all'esplosione delle diseguaglianze. "Di fronte alla globalizzazione la dottrina maggioritaria è quella neoliberista - riflette l'esperto -, secondo cui i processi devono rimanere sregolati, i capitali vanno lasciati liberi di muoversi, bisogna chiudere le frontiere". L'idea è che da questa impostazione "beneficeranno tutti: ne traggono vantaggi i Paesi più avanzati, che hanno accesso alle materie prime a basso costo, e i paesi meno sviluppati perché ottengono merci e servizi che altrimenti non avrebbero. In queste aree gli investimenti vengono attirati dal basso costo del lavoro".

Ma la tesi neoliberista, laddove applicata, porta con sé enormi difficoltà e problemi: "Non genera alcun riequilibrio e va completamente a favore dei mercati finanziari. Inoltre abbiamo reazioni come quelle di Trump, ovvero il neoprotezionismo, e l'emersione dei nazionalismi: questi, in un'ottica miope, inseriscono barriere e dazi che provocano tensioni internazionali, conflitti e guerre commerciali".

In particolare, sulla politica dei dazi c'è un equivoco da smentire. "Possono dare un respiro occupazionale nell'immediato, perché quando gli Stati Uniti impongono un dazio alla Cina il settore ne consegue una maggiore commercializzazione delle merci americane, che diventano così più competitive. Poi però c'è la ritorsione cinese: vengono applicati dazi alle merci statunitensi, a loro volta i settori colpiti entrano in crisi, insomma si innesca un meccanismo conflittuale che genera un'escalation senza un reale beneficio economico". Si tratta dunque di "posizioni molto miopi", per l'economista, "misure di breve periodo che soddisfano una parte dell'elettorato, ma non danno risposte reali di lungo periodo all'economia del Paese".

La globalizzazione senza regole "è un gigantesco meccanismo di dumping sociale", dice Realfonzo, che "genera processi di delocalizzazione delle imprese dove il costo del lavoro è più basso. Rispetto a questa dinamica - allora - avremmo auspicato che l'Europa fosse una grande area economica con norme commerciali al suo interno, con regole come salario minimo e diritti, permettendo competizione e concorrenza nel rispetto di alcuni standard sociali. Questo purtroppo non è accaduto".

I problemi sono anche all'interno dell'Unione: "Qui la Germania ha avviato un processo da Paese più ricco e più forte, innescando una dinamica di riduzione dei salari e di aggressività mercantile che ha prodotto la Brexit. A seguito di questo conflitto sono nati gravi squilibri, insomma l'Europa non è stata in grado di gestire una globalizzazione all'insegna dei diritti e del progresso, con più equità nelle redistribuzione dei redditi", conclude.