“Crisi, ripresa, innovazione”, questi i termini più frequenti usati da Nicola Cicala, dell’Isrf Lab (centro studi della Fisac Cgil) , nella sua introduzione al convegno “Oltre le crisi bancarie. Crescita, uguaglianza, lavoro” che si è svolto oggi (19 settembre) a Roma. Il ricercatore ha rimarcato come le previsioni 2017 per la crescita del paese siano buone, ma “siamo ancora molto lontani dai dati pre-crisi, diversamente da Germania e Francia”, con una “notevole contrazione degli investimenti, che segna il –25 per cento negli ultimi anni, che ci fa dire che il nostro paese cresce meno degli altri”. Notizie altalenanti anche sul fronte del lavoro: crescono “le unità di lavoro, 865 mila in più, ma rispetto al 2008 ne mancano ancora 1,1 milioni” spiega Cicala, evidenziando come “si pongono all’attenzione un problema generazionale, con la disoccupazione dilagante tra i giovani e i giovani-adulti, e un problema territoriale, con gli incrementi occupazionali che si registrano sono nell’area nord del paese”.

Passando al mondo bancario, il ricercatore dell’Isrf Lab segnala come “il problema dei flussi di sofferenze sia in miglioramento, ma resta quello dello stock di sofferenze, che era pari a 36 miliardi a fine 2010 ed è arrivato a 66 miliardi a luglio 2017, anche se progressivamente in diminuzione”. A livello più generale, Cicala rileva come “la crisi abbia rappresentato un acceleratore della necessaria riorganizzazione del sistema, fondata sull’innovazione e sul cambiamento del modello di fare banca”, che ha portato, tra i suoi numerosi effetti, negli ultimi mesi “a operazioni di accorpamento e di aggregazione tra banche, come successo per gli istituti veneti o per quelli del Centro Italia”. L’ultima annotazione riguarda l’occupazione: nel periodo compreso tra il 2007 e il 2023 ci saranno 50 mila occupati in meno, una emorragia di posti di lavoro “che stiamo gestendo senza licenziamenti, anche con alcune assunzioni, grazie al valore aggiunto delle buone relazioni industriali, che hanno permesso, ad esempio, la costruzione di un Fondo per l’occupazione che ha favorito accordi con uscite ed entrate”.

 

Guardando al futuro, il centro studi della Fisac ritiene che “occorra, anzitutto, sostenere la crescita, rompendo il circolo vizioso che va dalle sofferenze bancarie alla riduzione degli impieghi, che, a propria volta, producono nuove sofferenze”. Nicola Cicala sollecita il governo ad “avviare un piano di investimenti pubblici, uscendo dalla logica dei bonus”, da finanziare con nuove scelte di politica economica, considerando che “i 40 miliardi di euro veicolati negli ultimi tre anni alle imprese” non hanno dato i risultati sperati. Occorre, infine, dare vita a “quanto scritto dalla Cgil nel suo Piano straordinario per l’occupazione, puntare sull’apprendistato, pulire il sistema di tutte le forme contrattuali precarie, e affrontare i temi dell’aumento dei salari, riconoscendo nei rinnovi qualcosa in più della sola inflazione, e della fiscalità, intervenendo con maggiori detrazioni per il lavoro dipendente.

Nel suo intervento Antonio Patuelli, presidente di Abi, ha detto di apprezzare la modalità del dialogo e l'impostazione data dalla Fisac e dalla Cgil: “Quando vedo gli eurocrati che continuano a ragionare in termini di soluzioni solo bancarie, anziché spingere fortemente su sviluppo, ripresa e occupazione, non mi ritrovo – ha detto –. È ora di smetterla con i tassi pavimento, che, nelle teorie che ascolto, dovrebbero svolgere una sorta di selezione darwiniana delle banche, ma in realtà sono un purgante per un corpo che non ne ha bisogno”.

“Il luogo comune diffuso è che il crollo degli investimenti sia frutto del crollo dei prestiti concessi dalle banche – ha aggiunto Patuelli –. Ma questo non è vero e lo conferma la situazione attuale: oggi un’impresa può con grande facilità scegliere tra le banche che fanno a gara per offrire infimi tassi di interesse”. Alla domanda su ciò che le banche possono offrire per aiutare lo sviluppo, ha poi risposto così: “Il nostro è il comparto che nell’ultimo decennio si è maggiormente ristrutturato e sono insopportabili le lezioni di chi vorrebbe spiegarci quello che dovremmo fare. Un esempio: prima si parlava sempre dei crediti deteriorati. Ora che sono calati del 25 per cento, nessuno lo dice”.

Secondo il ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, sono tre i campi di intervento per una buona finanza. Il primo è istituzionale: “L'unione bancaria europea è ancora lungi dall'essere completata e c'è un forte contenzioso politico con i paesi che non vogliono mutualizzare – ha detto il ministro –. Eppure, la molteplicità di istituzioni che governano il sistema sono un freno in un settore dove spesso vanno prese decisioni poche ore”. Quindi una grande sfida in Europa, soprattutto per creare un vero meccanismo per intervenire sulla liquidità. Il secondo campo di intervento sono le banche stesse: “Ci si sta muovendo verso modelli di banca sempre più diversificati, in un panorama di concorrenza globale che può essere però un'opportunità – ha detto ancora Padoan – Qui l'alta qualità del nostro sistema bancario, che è data dal capitale umano, può fare la differenza, ma bisogna fare in modo che i singoli gruppi bancari si pongano il problema di quale sarà il modello del futuro”. Infine, per Padoan una partita fondamentale sarà quella sull'educazione finanziaria del risparmiatore: “Per proteggerlo ulteriormente, ma ex ante, non ex post, evitando così scelte pericolose”.

“Oggi possiamo avere uno sguardo un po' più ottimista perché gran parete delle difficoltà sono state affrontate e superate, individuando soluzioni diverse in un contesto che è molto cambiato negli ultimi anni. Un tempo avevamo a che fare con l'unicum del sistema bancario italiano oggi, invece, abbiamo di fronte situazioni molto diverse e differenziate”. Lo ha detto Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil nel corso del convegno”. “In questo drammatico passaggio - ha continuato Megale - voglio sottolineare il ruolo fondamentale del sindacato di categoria, che ha agito sempre in maniera unitaria. Ci sono tre cose vanno dette dette. La prima è che le soluzioni positive che sono state trovate non sarebbero state possibili senza il lavoro, spesso solitario, del ministro Padoan, che ha scelto di ragionare invece di mettere in atto una politica urlata contro i tedeschi”.

“Poi - ha continuato il segretario Fisac - bisogna sottolineare la capacità di tenuta e aiuto alla soluzione dei problemi determinata dal ruolo positivo delle parti sociali e dal valore aggiunto dei lavoratori bancari, che nei giorni di tensioni svolgevano un ruolo di attenzione, comprensione e valutazione nei confronti dei cittadini. Questo valore aggiunto si chiama professionalità del lavoro. Infine, bisogna giungere a una valutazione se possibile comune nel momento in cui ci troviamo di fronte alla revisione del bail in da realizzare entro il 2018. In questa fase si dovrebbero correggere tutte le storture che ci sono, coinvolgendo il sindacato” “È stato affrontato uno sforzo straordinario - ha concluso il sindacalista - per gestire una situazione che la storia ricorderà come la tempesta che ha colpito il sistema bancario. Ma bisogna sapere che la sfida del cambiamento digitale in corso produrrà problemi e difficoltà forse ancora maggiori che bisognerà governare. Servirà ancora lo strumento del fondo per gestire gli esuberi, così come successo in passato. E se qualcuno pensa di voler toccare questo strumento, il sindacato si mobiliterà. Dobbiamo esser pronti a guardare al futuro, oltre le difficoltà attuali”.

Per Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, infine, “durante la crisi il sistema creditizio del nostro paese è stato messo al servizio della soluzione della recessione. Era il grande tema di cui si discuteva in continuazione. C'era il problema della liquidità e di come far girare la nostra economia. Oggi siamo in una stagione diversa, ma restano dei nodi che non sono stati ancora risolti”.

“Si parla di modelli differenti di banca - ha continuato Camusso - e di come si garantisce il credito di investimento a medio e lungo termine. Questa è una delle questioni che non sono state ancora risolte in un Paese che ha scelto di puntare su un sistema bancario sempre meno presente sul territorio. Questo accresce la debolezza del nostro sistema produttivo che è fatto per lo più di piccolissime imprese poco capitalizzate. In un paese che è costretto a crescere, il tema degli investimenti è fondamentale”.

“Quando si discute di investimenti, però, non si parla mai della Cassa dei depositi e prestiti. Eppure bisogna far ripartire gli investimenti pubblici, specialmente perché quelli privati registrano una inversione di tendenza e ora si nota un piccola crescita. Per questo oggi la Cassa depositi e prestiti è fondamentale, e deve diventare il volano per l'investimento pubblico. È un tipo di programmazione che un Paese che vuole crescere deve avere”.

“Ora il sistema bancario si trova in una stagione diversa - ha concluso Camusso - e spero che ora si possa cominciare a ragionare anche di come si lavora dentro le banche e si determini un cambiamento. Esiste una commissione parlamentare sulla quale ho delle perplessità. Ma bisognerebbe comunque provare a farne un oggetto utile, invece che un oggetto di polemica. Proviamo a costruire lì dentro un luogo in cui si impara dalle esperienze passate, per cercare di avere soluzioni condivise e funzionali”.