Al posto di pensare alla transizione sostenibile, nel nostro Paese si pensa al consenso periodico della campagna elettorale. Abbiamo dato soldi a pioggia al posto degli investimenti, condoni al posto di radicalità fiscale, protezioni sociali nello sgocciolamento al posto della presa in carico dei soggetti più deboli. Oggi, se sono veri indicatori tutti gli indicatori dell’Istat, siamo alla crescita piatta, ma non si può risolvere un sistema sociale a crescita piatta”. A dirlo è il vicesegretario generale della Cgil Vincenzo Colla in una intervista a RadioArticolo1.

A proposito delle centinaia di crisi aziendali, aggiunge il dirigente sindacale, “stiamo arrivando al piè di lista di un grande cambiamento in atto. Persino la finanza si sta spostando verso investimenti di filiere produttive sostenibili. Il tema ambiente e lavoro sta diventando uno di quelli in cui si farà business. Ma il nostro Paese è stato gestito senza guardare e senza difendere le grandi filiere che faranno la differenza nella transizione, come l’automotive, la logistica, le reti, il sapere e le competenze, la ricerca”. Un modello da riscoprire, per Colla, può essere quello realizzato a suo tempo da Obama che prevede “l’affiancamento del pubblico al privato, così da governare questa transizione manifatturiera e portarla fuori dalla crisi di sistema”.

Tra tutti gli indicatori Istat, sottolinea poi Colla, “ce n'è uno che deve farci riflettere: noi abbiamo un livello di occupazione molto basso, il 10 per cento in meno rispetto alla media europea. Di fatto mancano all’appello 3 milioni di lavoratori, un dato enorme che ci priva di 1 miliardo e 800 milioni di ore lavorate”. Per questo “abbiamo bisogno di investimenti immediati e di una politica non solo industriale, ma del manifatturiero, perché l'industria oggi è un pacchetto che tiene insieme una serie di servizi, la finanza, i sistemi commerciali. In poche parole, abbiamo bisogno di ripensare l'intero modello manifatturiero”.

In questo quadro bisogna puntare sulle reti materiali e immateriali. Un esempio? “Abbiamo incontrato pochi giorni fa l'amministratore delegato di Rfi: pochi sanno che c'è un imbuto, un pezzo di binario unico di 30 chilometri sull’Adriatica da Taranto a Ravenna, infrastruttura che collega una miriade di porti. Ecco, a causa di questo imbuto tutte le merci vanno su gomma anziché sui binari: 30 chilometri bloccano l'intera dorsale che si trova su una traiettoria europea. Faccio questo esempio, ma potrei farmi altri per dire che sono le reti a fare la differenza, non dimenticando tra l’altro la cultura del nostro Paese che è sempre stato aperto e in relazione con gli altri, altro che porti chiusi”. A chi ci contesta che non ci sono le risorse per fare questi investimenti, “ricordo – conclude il dirigente della Cgil – che ci sono 110 miliardi di evasione fiscale, una cosa inaccettabile per un Paese. Ormai stiamo parlando di democrazia”.