Una assemblea in fabbrica per spiegare le ragioni che hanno portato la Fiom Cgil a disertare l'incontro romano di ieri sulla vertenza Ilva Genova. È quanto deciso dalla Segreteria provinciale e comunicato questa mattina nel corso della conferenza stampa convocata dal sindacato.

“Nel 2005 abbiamo firmato un Accordo di Programma che ha chiuso l'altoforno con benefici enormi per la città, ma che è costato moltissimo ai lavoratori: noi rivendichiamo quell'accordo che può essere rimesso in discussione, ma solo con la partecipazione di tutti i firmatari”: è quanto affermato da Bruno Manganaro, Segretario Fiom Cgil Genova, che ieri sera non ha partecipato all'incontro romano al Ministero del lavoro durante il quale è stata aperta la possibilità alla cassa integrazione in deroga per i 1750 lavoratori della sede genovese di Ilva. Questa eventualità viene scartata a priori dalla Fiom, perché mette in discussione quanto stabilito nell'Accordo, ossia la “continuità occupazionale e di reddito” dei dipendenti Ilva, cosa invece che sarebbe garantita dalla proroga dei contratti di solidarietà.

La soluzione della cassa integrazione in deroga non è il giusto strumento per affrontare la scadenza dei contratti di solidarietà fissata per fine settembre: “Le incognite legate alla cassa integrazione in deroga sono troppe”, continua Manganaro, “nelle intenzione del Ministero, che peraltro non ha risorse per finanziarla, i soldi dovrebbero essere anticipati dall'Azienda che a sua volta dovrebbe chiederli alle banche”. Inoltre la cassa in deroga farebbe perdere ai lavoratori mediamente 600 euro al mese di stipendio. Ma l'elemento ancor più preoccupante è legato alla messa in discussione dell'Accordo di Programma. Secondo la Fiom infatti intraprendere questo percorso potrebbe in futuro aprire altri scenari magari mettendo a rischio non solo il reddito ma addirittura l'occupazione.

“Ad oggi il futuro di Ilva è una incognita e il rischio è quello di firmare un accordo sulla cassa integrazione che a gennaio potrebbe essere messo in discussione da un nuovo proprietario”, conclude Manganaro. “Questa non è una vertenza come le altre. Qui a Genova nel 2005 è iniziato un percorso industriale, che si può anche ridiscutere, ma occorre farlo con i soggetti giusti, in primis il Governo che di quell'Accordo fu il primo firmatario”.