“Io sono Teresa Barbieri, e sono un’operaia di questa fabbrica”. “Io sono Valentina La Terza, e sono una nuova lavoratrice di questa fabbrica”. È il passaggio di consegne ideale tra chi c'era prima e chi c'è oggi. Perché la fabbrica di cui parla Teresa è la gloriosa Ansaldo, che però non c’è più da tanti anni. Al suo posto, negli stessi spazi, è nata un’esperienza innovativa, culturale, artistica e di coworking capitanata da un gruppo di giovani tra cui, appunto, Valentina. Qui lo Spi ha voluto organizzare un momento dall’alto valore simbolico per la festa di LiberEtà (il mensile dei pensionati Cgil), non a caso quest’anno dedicata ai temi del futuro e dell’innovazione.

Base Milano era una fabbrica grandissima, roba da 1.200 persone. “Sono entrata a 21 anni – racconta Teresa –, era il 15 luglio del 1981. Avevo un grembiulino in mano e non sapevo neanche dove andare. C’era sciopero quel giorno, l’unico della mia vita che non ho fatto. Mi sentivo persa, era un luogo grande come il paese da dove arrivavo. E poi in tanti anni, qua, ho costruito il mio futuro”. Carpenteria, cablaggio, termomeccanica, elettronica di potenza, i quadri per far funzionare le stazioni ferroviarie: Ansaldo Trasporti era un hub di importanza internazionale, qui si costruiva per le grandi navi, per tutta la termoelettro-meccanica italiana.

Valentina è invece del 1981. Lei è nata proprio nei giorni in cui Teresa metteva piede per la prima volta nelle officine. “Oggi – racconta la più giovane – Base Milano è destinata alle attività culturali. Ma resta un legame fortissimo tra la funzione che c’era prima e quella di oggi, anche se noi produciamo in modo immateriale. Facciamo servizi per eventi e iniziative di aggregazione. Ai piani superiori ci sono invece le attività che hanno ricadute verso l’esterno: comunicazione, design, consulenze alle imprese. E volete sapere una cosa? Noi pensiamo che a regime qui ci sarà lavoro per lo stesso numero di persone che erano impiegate con l’Ansaldo, se non di più”.

La storia di questo luogo è legata anche a un numero: 163. Tante furono le ore di sciopero per ottenere l’inquadramento unico negli anni 80. “Ci fu grande unità – riprende a spiegare Teresa –, e alla fine insieme alle maestranze ottenemmo un risultato storico per venire incontro al cambiamento delle figure professionali che c’erano qui rispetto al contratto metalmeccanico, per adeguarlo alla realtà di questa fabbrica”.

Una battaglia per il lavoro. Se oggi Base Milano è questa, lo è anche grazie quella lotta: “Quando ci portarono a Sesto San Giovanni nella fabbrica pesante – racconta ancora l’ex operaia da poco pensionata – noi pretendemmo che quest’area fosse destinata alla cultura, che rimanesse a disposizione delle persone, che non diventasse preda della speculazione edilizia”. E in effetti è andata proprio così. L’articolo che avete appena letto è stato scritto in quello che un tempo fu un padiglione industriale, oggi diventato una postazione-studio dotata di alimentazione per computer e smartphone con connessione wifi gratuita.