Si fa sempre più difficile la situazione della Salvi & C. di Milano, azienda (fondata nel 1920) produttrice di morsetteria, dal 2002 del gruppo francese Sicame. La società, nell’incontro che si è concluso nella tarda serata di mercoledì 27 giugno, ha infatti confermato la procedura di licenziamento collettivo per 44 unità, aperta a inizio mese. Un nuovo vertice è previsto per mercoledì 4 luglio. Fiom Cgil e Uilm Uil hanno proclamato la prosecuzione dello sciopero a rotazione di due ore per reparto e l’assemblea permanente dei lavoratori (che va avanti già da due settimane). I sindacati hanno anche chiesto alla Regione Lombardia e al ministero dello Sviluppo economico l'apertura di un tavolo sulla vertenza.

La procedura per i 44 licenziamenti (37 operai e sette impiegati) è stata avviata venerdì 8 giugno, quindi diverranno operativi il 23 agosto. L’unica “apertura” da parte della Salvi, che si è registrata nel tavolo convocato presso la sede di Assolombarda, riguarda la possibilità (ancora tutta da definire) di mettere a disposizione dei lavoratori una società di outplacement per favorire l’eventuale ricollocazione professionale in altre aziende. A motivare i licenziamenti, argomentano i sindacati, è il trasferimento della produzione all’estero, presumibilmente in Francia.

“Siamo alla solita, ennesima delocalizzazione”, spiega la Fiom. A Milano resterebbero soltanto 17 lavoratori, e la storica sede verrebbe trasformata in un centro di ricerca e sviluppo per i sistemi smorzanti per le linee elettriche di alta tensione. Una scelta provocata, secondo l’azienda, dalla riduzione degli ordini per la contrazione di alcuni mercati chiave come Libia, Egitto e Arabia Saudita, dovuti ai problemi geopolitici del Nord Africa e al blocco del mercato del petrolio a seguito del calo del costo del barile.

“Nel 2015 – illustrano Roberta Turi (segretaria generale Fiom Cgil Milano) e Vittorio Sarti (segretario generale Uilm Uil Milano, Monza e Brianza) – fatturava 30 milioni di euro e nulla lasciava presagire che di lì a poco, attraverso alcune scelte incomprensibili della Sicame (azzeramento della vecchia dirigenza), l’ottimo andamento produttivo subisse un calo degli ordinativi così evidente”. Le motivazioni fornite dalla società non convincono pero i sindacati, che invece vedono “dietro il ridimensionamento degli ordini, un disegno ben preciso volto a chiudere la produzione delocalizzandola in Francia”.

“L'ultima novità, che rende ancora più complicato poter trovare una soluzione alternativa alla chiusura dell’attività, è l’irremovibile atteggiamento dell’azienda che pare abbia scritto ai fornitori annullando la consegna del materiale che occorre per continuare le lavorazioni in corso, adducendo a non ben precisati impedimenti produttivi”, conclude la Fiom Cgil: “Gli operai della Salvi vogliono continuare a lavorare come sempre hanno fatto in questi cento anni di storia dell’impresa, consolidando l’immagine di un marchio apprezzato dai principali enti elettrici mondiali”.