FedEx, il colosso americano delle spedizioni, ha recentemente annunciato un costosissimo programma di acquisto di aerei alimentati con carburanti a basso impatto ambientale. Intanto, in Italia, va avanti un piano di riorganizzazione che prevede il licenziamento per 361 lavoratori, il trasferimento per un altro centinaio di dipendenti e la chiusura di 24 filiali su 34. Tra i centri a rischio ci sono Torgiano in Umbria, Ornago in Lombardia (dove anche Malpensa e Brescia traballano), Settimo Torinese in Piemonte e la Tnt di Empoli in Toscana.

Per questo, inevitabilmente, arriva lo sciopero dei lavoratori. Lo stop nazionale è previsto per giovedì 17 maggio, ed è stato indetto dai sindacati di categoria Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. Sono tra l'altro in arrivo altre iniziative di protesta nelle giornate del 31 maggio e del 1° giugno. In vista dello sciopero si sono già tenuti tre giorni di assemblea, l’8, il 9 e il 10 maggio in tutte le filiali e altre assemblee nei luoghi di lavoro per il 14, 15 e 16 maggio. Intanto la protesta monta anche su change.org, dove la petizione lanciata per chiedere un dietrofront all’azienda in pochi giorni ha raggiunto oltre 40 mila adesioni.

La vertenza è iniziata esattamente due anni fa, quando FedEx ha acquisito Tnt (operazione chiusa a maggio 2016) per un valore di 4,4 miliardi di euro. Nonostante i numeri in positivo, ora il colosso ha presentato il conto. E a pagarlo saranno i lavoratori. Il piano di fusione fra i due gruppi, che non è stato in alcun modo discusso con i sindacati, ha già prodotto l'attivazione della procedura di licenziamento collettivo per 315 addetti di FedEx e per 46 di Tnt, mentre l'azienda ha anche annunciato un centinaio di quelli che i sindacati definiscono “falsi trasferimenti”, o “licenziamenti travestiti”, visto che determinerebbero “allontanamenti improponibili di dipendenti dalla loro sede attuale e quindi dalla città dove hanno famiglia”.

Per Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, il piano di fusione “è fortemente negativo”, perché “esclusivamente caratterizzato dai tagli del personale che sono immotivati. È assolutamente inaccettabile che in una fase di espansione dell'economia e delle attività di trasporto delle merci, anche per la crescita dell'e-commerce, si possa pensare di licenziare le persone che rappresentano il motore vivo del business aziendale”. I sindacati chiedono quindi “la salvaguardia dei livelli occupazionali e alle aziende di cambiare il piano di riorganizzazione, che deve puntare realmente allo sviluppo delle attività, alla loro internalizzazione e alla salvaguardia dei posti di lavoro”. Altro che sinergie di gruppo, per Filt, Fit e Uiltrasporti siamo alla “svendita dei diritti dei lavoratori, della loro professionalità e della qualità dei servizi”, per sostituirli con “un’assegnazione delle lavorazioni a personale esterno sfruttato, precario e meno costoso”.

L'azienda parla invece di “motivi organizzativi ed economici” per i quali ritiene di “non poter adottare misure alternative idonee a porre rimedio all'eccedenza dell'organico”, si legge in un comunicato. Il carattere “definitivo e strutturale” del provvedimento di chiusura delle filiali, che la società “è stata costretta ad adottare a fronte della necessità di efficientare la distribuzione delle merci in conseguenza dell'acquisizione di Tnt”, arriverà quindi “attraverso la razionalizzazione delle unità presenti sul territorio e spesso sovrapposte". E ancora: “L'ottimizzazione dei processi e delle risorse e la razionalizzazione saranno le leve per generare le efficienze e le sinergie necessarie per consentire all'azienda di affrontare con successo le nuove tendenze del mercato e per soddisfare al meglio le esigenze dei clienti”.

I problemi insomma, come hanno raccontato gli impiegati in una lettera accorata a David Binks, presidente di FedEx Europa e dg di Tnt, sono iniziati proprio con l'acquisizione di Tnt, che pure “era necessaria perché offriva l'ampia infrastruttura e vastità di mezzi che in Europa mancavano”. Poi, però, “si è deciso di appoggiare lo stesso piano organizzativo Tnt, ma sono anni che in Italia il loro bilancio è in rosso”. “Noi siamo convinti che modelli diversi che combinino il profitto aziendale con il lavoro dignitoso delle persone siano possibili”, hanno concluso i lavoratori che il 17 maggio incroceranno le braccia in tutta Italia.