L'Emilia Romagna è terra di Resistenza, ma anche di resistenza sindacale. Attraverso la contrattazione, negli ultimi tempi, il sindacato è riuscito a stringere molti accordi importanti. Un'altra via per difendere e creare lavoro, un'idea diversa da quella che viene proposta dal governo. “Stiamo cercando di mettere in campo un'altra idea di relazioni e di contrattazione. Andiamo nelle imprese a discutere di valore aggiunto, di produttività, di professionalità, di conoscenza, di capacità e di prospettiva vera. Questa è la nostra filosofia, per creare un lavoro di qualità e con diritti di qualità.” A dirlo, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1, è il segretario generale della Cgil Emilia Romagna, Vincenzo Colla.

“Stiamo anche mettendo in campo una grossa operazione di accordi dentro le crisi per far sì che non ci siano espulsioni unilaterali su tutto il processo produttivo - ha continuato Colla -. Ma stiamo anche facendo accordi sugli appalti, e per togliere di mezzo la procedura del jobs act. Sta funzionando. Ovviamente non stiamo parlando ancora di un sistema, ma di una discussione che si fa di volta in volta, azienda per azienda, territorio per territorio. Eppure si tratta di una nuova idea di relazioni e di contrattazione”.

“Quello della contrattazione territoriale o aziendale - ha detto il segretario Cgil - è un terreno indispensabile, ma ovviamente non sufficiente. Serve un ruolo anche dei contratti nazionali, e serve quell'impianto che la Cgil ha deciso per un nuovo Statuto dei lavoratori. Perché quel progetto chiude il cerchio di una nuova idea di modello di sviluppo e di contrattazione che include i lavoratori. Sull'inclusione dei lavoratori la strada da fare è ancora lunga, ma se non si agisce anche nei territori avremo delle difficoltà. Quando facciamo contrattazione nei territori, infatti, recuperiamo anche consenso tra la gente”.

Un aspetto non trascurabile, visti anche i numeri pubblicati recentemente dall'Inps. Il lavoro non cresce, e le tutele crescenti non frenano la perdita di occupati. “Non ci voleva un ingegnere politico, a prevederlo. Ad esempio, in Emilia-Romagna abbiamo 700mila avviamenti al lavoro all'anno. 500mila sono a tempo determinato, 80mila a tempo indeterminato, 40mila apprendisti, mentre il resto sono lavoratori atipici. Ma quei 500mila a tempo determinato li stanno trasformando tutti nel famoso contratto a tutele crescenti”.

Una situazione che non può durare. “E' evidente - conclude Colla - che così le aziende prendono 8mila euro l'anno di sgravi e contemporaneamente possono licenziare sempre e comunque. E' una bolla finanziaria che non reggerà. Un'operazione che tra l'altro non qualifica nemmeno le condizioni e la qualità del lavoro. Questa soluzione dà linearmente a tutti, ma non crea un posto di lavoro in più. Bisogna invece ritornare a pensare a quali investimenti servono per creare lavoro. Purtroppo questa cultura non c'è e questa discussione in questo paese non è stata avviata”.