Com'è noto, l'azienda di elettrodomestici Candy ha dichiarato recentemente 370 lavoratori in esubero, aprendo le porte al rischio concreto di dismissione delle attività. Attualmente i dipendenti sono in contratto di solidarietà per due anni. Ieri si è svolta una partecipata manifestazione, che si è chiusa in municipio a Brugherio (dove ha sede l'azienda), con la massiccia presenza di molti sindaci del circondario e del Primo cittadino di Brugherio.

Nel corso della stessa iniziativa, si sono espresse critiche rispetto alla proprietà, non solo perché non è stato ancora elaborato un piano induistriale per la salvaguardia dello stabilimento, ma in modo particolare perché in giornata la Candy era stata convocata pressso la Quarta commissione della Regione Lombardia (quella che si occupa di attività produttive), ma, rende noto la Fiom Cgil Lombardia in un comunicato, “ha disertato il tavolo con un atto di profonda irresponsabilità, che non tiene conto della gravità della situazione”.

“È davvero molto grave il fatto che, quando c'è a rischio chiusura un'azienda importante e quasi 400 posti di lavoro, la proprietà non si presenti nemmeno in una sede istituzionale per affrontare insieme alle organizzazioni sindacali questa difficile situazione”, commenta Mirco Rota, segretario generale della Fiom Cgil Lombardia.

“Il presidente della Regione Maroni – aggiunge Rota -, di fronte a questo comportamento grave e inaudito e a questo sgarbo istituzionale, non può stare in silenzio, ma deve chiedere al management, alla proprietà, la famiglia Fumagalli, di presentarsi in Regione per illustrare la posizione ufficiale, presentare un piano industriale degno di questo nome, che tuteli le produzioni”, aggiunge il segretario delle tute blu lombarde.

La Regione Lombardia deve essere una protagonista assoluta rispetto alla difesa dei posti di lavoro e delle imprese del territorio. Maroni prenda questo impegno nei confronti delle organizzazioni sindacali, ma soprattuto dei lavoratori, perché quanto sta avvenendo con la Candy non diventi da esempio per le imprese che presentano problemi di prospettiva e che decidono di tagliare e delocalizzare”, conclude Rota.