"La conciliazione non è e non deve essere un affare di donne, ma deve riguardare tanto le lavoratrici quanto i lavoratori. Per questo abbiamo sostenuto in questi anni, anche nelle diverse sedi di interlocuzione istituzionale, tutte le norme che muovessero in questa direzione. Una di queste è stata la sperimentazione del congedo obbligatorio di paternità, quattro giorni retribuiti, che termina la sua fase proprio quest'anno, il 31 dicembre prossimo, e di cui non si fa parola alcuna". A dirlo sono le responsabili delle politiche di genere di Cgil, Cisl e Uil (Loredana Taddei, Liliana Ocmin e Laura Pulcini), sollecitando il governo a dire una parola chiara sul provvedimento in via di esaurimento. "Questa prospettiva ci preoccupa particolarmente, considerato il significativo apporto che questo istituto può dare in termini di promozione della parità e pari responsabilità tra uomini e donne", proseguono le esponenti sindacali, chiedendo all'esecutivo "non solo una conferma del congedo, ma anche una sua configurazione strutturale, e di aumentarne la portata, almeno a dieci giorni, in linea con la proposta di direttiva europea attualmente in discussione, oltre che di prevederne vita autonoma, ovvero non in sostituzione di quello di maternità". In conclusione, Taddei, Ocmin e Pulcini rimarcano al governo l'urgenza di "un confronto sul tema, convinte della necessità di misure che possano favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e di incentivare un'effettiva condivisione genitoriale, superando la visione tradizionale della conciliazione come strumento destinato unicamente alle donne".