Il 7 novembre è una giornata importante per la Filcams e per le lavoratrici e i lavoratori della grande distribuzione organizzata, della distribuzione cooperativa e di Confesercenti. Lo sciopero è una scelta importante e ineludibile dopo 22 mesi di incontri e trattative che non hanno prodotto le condizioni minime per arrivare a definire i rinnovi contrattuali. Con la consapevolezza che si tratta di un sacrificio per i lavoratori di questo settore che hanno vissuto e in molti casi stanno ancora vivendo situazioni di difficoltà e che – salvo alcune eccezioni – hanno toccato con mano la crisi generale del paese attraverso il calo dei consumi. Lo sciopero è lo spazio collettivo che dà forza alle nostre ragioni e posizioni, dà sostegno alla difesa e al valore del contratto nazionale, è il momento della libera manifestazione del dissenso nei confronti delle scelte che le associazioni datoriali vogliono imporre.

«Non c'è nulla di moderno in un contratto nazionale più debole»

Le nostre ragioni sono quelle che abbiamo provato a produrre per quasi due anni nei tavoli di trattativa, partendo dai contenuti delle piattaforme per il rinnovo, consapevoli di una situazione ancora difficile per il settore e che proprio per questo vede il bisogno di consegnare risultati tangibili sotto il profilo delle condizioni di lavoro e del salario. Un risultato da costruire tenendo conto della necessità di perseguire risultati omogenei per non provocare condizioni di dumping tra lavoratori, poiché siamo di fronte a una trattativa che si svolge con quattro diverse associazioni di rappresentanza delle aziende.

Il dissenso è altrettanto necessario per contrastare la filosofia di fondo che le aziende hanno portato al tavolo fino a un minuto prima della rottura delle trattative, una sostanziale destrutturazione dei diritti e delle tutele esistenti, un alleggerimento in termini normativi e di costo. Un indirizzo, quello delle associazioni datoriali, che parte dal presupposto di considerare i contratti nazionali non più rispondenti ai cambiamenti intervenuti e che per questo necessitano di un cambio di passo tutto mirato al recupero di produttività. La traduzione di questa impostazione si concretizza in un insieme di interventi volti ad abbattere e rendere più sostenibile il costo del lavoro.

In un contratto nazionale più debole, meno inclusivo e autofinanziato dagli stessi lavoratori, non ravvisiamo nulla di moderno, di innovativo e di sostenibile. Lo scontro in atto nel settore con le diverse associazioni datoriali, al di là di elementi di distintività pur presenti, non è uno scontro “alto” sui modelli contrattuali del futuro, tra innovazione e conservazione, ma rischia di essere ridotto a un esercizio di equilibrio tra i costi in cui il lavoro perde centralità e collocazione. Non c’è alcuna sottovalutazione dei problemi di sostenibilità che caratterizzano la costruzione del risultato, tuttavia l’appiattimento sul fattore costo del lavoro, oltre che non condivisibile, fa emergere la mancanza di una visione sulla prospettiva del settore.

La competizione, in un mercato sempre più globale, si nutre di nuovi fenomeni di concorrenza che passano attraverso le piattaforme informatiche, un problema di illegalità diffusa, una normativa sulle liberalizzazioni degli orari che non ha prodotto risultati di crescita e di miglioramento delle condizioni per chi lavora. Temi importanti su cui aprire un più ampio confronto che ha il limite di non trovare cittadinanza nella costruzione delle relazioni tra le parti. Un settore su cui investire in qualità del servizio sulla professionalità degli addetti, che devono trovare valorizzazione anche attraverso il riconoscimento di un tessuto di tutele e condizioni dignitose.

«I continui attacchi al diritto di sciopero rendono più deboli i lavoratori»

La condizione quotidiana delle persone e la visione d’insieme del settore ci convincono ancora di più a sostenere la centralità del contratto nazionale di lavoro che ancora oggi rappresenta un elemento di solidarietà, di regole generali e comuni. Un punto fondamentale che va difeso e rafforzato in un settore in cui la contrattazione di secondo livello aziendale e/o territoriale non c’è per una vasta platea di lavoratori, e laddove esiste ha subìto in questi anni una rimessa in discussione che ci ha visti impegnati in scontri difficili.

La stagione dei rinnovi vive – non solo per la nostra categoria – profondi attacchi con l'idea che si possa fare a meno dei contratti nazionali, o li si possa sostituire con altri modelli di regolazione. Restiamo convinti che le proposte che animano il dibattito nella politica e tra le associazioni di rappresentanza volte a promuovere un futuro tutto sbilanciato sulla contrattazione di secondo livello o sull’introduzione del salario minimo per legge, i continui attacchi al diritto di sciopero, siano orizzonti che rendono più deboli le lavoratrici e i lavoratori con il rischio di produrre nuove iniquità e differenze in base alle aziende e ai territori.

Abbiamo bisogno di parlare con le lavoratrici e i lavoratori del valore dei contratti nazionali. Vogliamo discutere e condividere le nostre  rivendicazioni per proporre e contrastare gli attacchi che in questa fase vengono prodotti. Lo abbiamo sostenuto in questi mesi con la contrattazione, continueremo a farlo sostenendo le nostre ragioni con le mobilitazioni del 7 novembre e del 19 dicembre.

* segretaria generale Filcams Cgil