“C’è bisogno di un piano salva Roma in quanto capitale d’Italia e non città singola, mettendo insieme Comune, Regione e governo, ovvero una collaborazione fra tutte le istituzioni. È un’idea che abbiamo lanciato il 24 giugno scorso con una nostra iniziativa e che oggi riproponiamo. Questo, perché un Paese non può avere una capitale ridotta nelle attuali condizioni di caos”. Così Michele Azzola, segretario generale della Cgil di Roma e Lazio, oggi ai microfoni di Italia Parla, la rubrica di RadioArticolo1.

“Tra i problemi che affliggono Roma c’è il dramma del tpl – ha esordito il dirigente sindacale –, dove l’Atac, la più grande azienda di trasporto pubblico del Paese, versa in una situazione pesantissima, gravata da un miliardo e 300 milioni di debiti. La dirigenza ha deciso di chiedere il concordato preventivo e di mettersi sotto la tutela del tribunale. Una vicenda paradossale, perché ricordo che pochi mesi fa l’allora direttore generale, Rota, si era dimesso in polemica con le istituzioni locali proprio perché non gli avevano autorizzato il concordato preventivo. Noi siamo contrari a tale formula perché ciò vorrebbe dire bloccare tutto, inclusi gli investimenti, vitali per la sopravvivenza dell’azienda. Chi compra gli autobus? Il parco automezzi è il più obsoleto d’Italia e ridotto al lumicino – 1.100 vetture in tutto –, un numero risibile per una metropoli come Roma. Per non parlare di altre questioni, come la situazione anomala degli appalti di servizi, così come l’ha definita il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, dove il responsabile del settore legale appalti è ancora lì, inamovibile. Un quadro preoccupante, e se l’azienda fallisce a rischiare il posto sono oltre 30 mila persone fra diretti e indotto”.

 

“Passiamo all’altra municipalizzata, l’Ama, che si occupa di recupero e smaltimento rifiuti. In tal caso siamo davanti a un vero e proprio paradosso: abbiamo una Giunta che ha fatto un piano rifiuti fino al 2020, che prevede una riduzione complessiva fondata sull’idea che i cittadini debbano produrre meo rifiuti. È chiaro che si tratta di una via utopista. Innanzitutto, ci vuole una grande riorganizzazione aziendale. Su questo, comune e regione dovrebbero collaborare in modo proficuo. Poi c’è bisogno di qualificare la raccolta differenziata spingendola sul porta a porta in ogni angolo della città. E vanno sviluppate sul territorio delle aree di utilizzo e riciclo del materiale in cui creare attorno, anche con contributi pubblici consentiti dell’Ue, aziende che vengano a nutrirsi dei rifiuti che produciamo. È fantascienza? No, è quello che si fa da tutte le altre parti d’Europa, dove con i rifiuti si riescono a scaldare anche gli edifici pubblici e privati. Il problema è che l’attuale Giunta comunale in un anno non è mai intervenuta sull’azienda né ha completato il ciclo dei rifiuti sul territorio. Si va avanti con l’idea di continuare a pagare treni e camion che portano i nostri rifiuti all’estero, per poi magari tornare a diventare schiavi del privato che gestiva le discariche. Ricordo che Ama possiede un tritovagliatore di rifiuti portatile che non ha mai montato, mentre noi paghiamo Cerroni per portare i rifiuti a essere tritovagliati in un’azienda privata”, ha detto il sindacalista.

“Senza dimenticare le scuole dell’infanzia nel caos, dove le graduatorie sono saltate perché erano sbagliate e le assegnazioni delle maestre non sono state fatte. È un’ulteriore conferma che ci troviamo di fronte a un’amministrazione piovuta  fortuitamente alla guida della città con un gruppo dirigente quasi tutto di traverso. E con forze politiche all’opposizione che godono nel vedere la gestione della cosa pubblica andarsi a schiantare. Alla fine, a rimetterci sono i cittadini, che pagano un prezzo altissimo. Al contrario, occorrerebbe una politica che prenda atto del disastro che si è determinato su Roma e provi a porvi rimedio decidendo di governare finalmente con senso di responsabilità. Ad esempio, bisognerebbe indirizzare Acea affinché vada a riparare le perdite d’acqua dopo dieci anni di mancati interventi. Per non parlare di emergenza abitativa, dove di fronte alle proteste di questi giorni, comune e regione discutono su a chi vanno assegnate le case popolari, dove in realtà il problema è la mancata programmazione dell’attività delle case popolari da parte dei due enti che gestiscono in modo raffazzonato e inefficiente l’immenso patrimonio pubblico della città. Perciò, bisogna tirarsi su le maniche e predisporre un piano d’emergenza, anche qui attraverso la collaborazione fra tutte le istituzioni. È l’unica strada, altrimenti questa città non riuscirà a farcela”, ha concluso l’esponente Cgil.