“L’unica cosa che chiediamo è che il governo ci aiuti a non perdere neanche un posto di lavoro: c’è bisogno d’interventi strutturali, trovando una soluzione che salvaguardi sia i lavoratori che l’azienda”. Così Massimo Cestaro, segretario generale Slc, a proposito della vertenza Almaviva, ai microfoni di RadioArticolo1. “Noi ci aspettiamo che il gruppo prenda atto che 2.500 licenziamenti nelle sedi di Roma e Napoli sono un fatto totalmente irresponsabile, dopo che, pochi mesi fa, con la stessa azienda, avevamo trovato un accordo sofferto, con un utilizzo importante di ammortizzatori sociali e riduzioni consistenti di salario, peraltro su lavoratori perlopiù a part time e inquadrati ai livelli più bassi del contratto delle tlc. Così com’è, il settore dei call center non va, soprattutto negli appalti. Bisogna trovare un nuovo assetto legislativo, che impedisca le gare al massimo ribasso, riconosca i livelli contrattuali minimi al netto degli incentivi di Renzi, che hanno favorito licenziamenti e poi riassunzioni con sgravi che hanno causato forme di dumping tra aziende. Oggi il mercato richiede un servizio di qualità, e per garantirlo ci vogliono operatori professionalizzati, che dispongano di piattaforme tecnologiche. Il che significa avere alle spalle aziende in grado di fare investimenti su tecnologie, formazione. Il numero di call center in Italia è impressionante: sono centinaia, quando il fabbisogno non supera i 15-20 in totale. Perciò, occorre mettere in campo un processo di consolidamento di tutto il comparto, in modo tale da avere aziende solide e sane, che non ripetano l’esperienza negativa di Almaviva”, ha affermato il dirigente sindacale.

 

“Sulla vicenda Vivendi-Mediaset, l’operazione non riguarda solo le sorti di due aziende private, ma l’intero assetto economico del Paese. Non è un caso che Vivendi abbia una quota su Mediaset e una di controllo su Telecom, perché la tv di nuova generazione, la cosiddetta 4K, andrà sulla fibra ottica e naturalmente ci sarà un interesse dei produttori di contenuti di avere anche una presenza nelle grandi aziende del comparto. Occuparsi della scalata a Mediaset e non vedere l’assetto nel suo insieme, è ancora una volta una straordinaria miopia di questo Paese. Vi ricordate del progetto Socrate degli anni ’90 che doveva portare la fibra ottica in tutte le case degli italiani, bloccato poi dal governo Berlusconi, in quanto avrebbe consentito una concorrenza pesante al suo impero, che al contrario aveva fatto massicci investimenti sulla tv via etere? Dunque, ancora una volta la politica intervenne direttamente su assetti produttivi, impedendo uno sviluppo del Paese. Ora che ci sia questa alzata di scudi sul fatto che un signore francese faccia una scalata su Mediaset, mentre sull’analoga scalata su Telecom nessuno disse mai nulla, lo trovo francamente imbarazzante, che dimostra l’idea di una politica che non ha lo sguardo sulle prospettive di un settore straordinariamente importante”, ha rilevato l’esponente Cgil.

“Per quanto riguarda la liberalizzazione della rete e il tema dello scorporo della rete da Telecom, siamo preoccupati per le possibili ricadute sui lavoratori, non capiamo cosa voglia fare Agcom e soprattutto assistiamo, per l’ennesima volta, a ingerenze della politica, che non dovrebbero esserci, sull’assetto industriale e sui punti nevralgici del sistema produttivo. Non c’è una visione di lungo termine, ma si ragiona ‘a spizzichi e bocconi’, senza sapere che un gestore delle comunicazioni in Italia dovrebbe avere una dimensione internazionale, in grado di misurarsi con i mercati mondiali. Per questo, Vivendi non creerebbe alcun problema se stesse dentro una visione di lungo periodo che mettesse assieme i produttori di contenuti e i gestori delle reti: questa è proprio la strada giusta da seguire”, ha aggiunto il sindacalista.

Anche sulla Rai c’è un’evidentissima miopia: innanzitutto, al contrario di Mediaset, non ha alcuna difesa da parte della politica; poi c’è il fatto che il contributo all’azienda viene di volta in volta deciso dal governo, mettendo così sotto ricatto il servizio pubblico. Oltretutto, la leggina sulla governance, fatta da Renzi, ha abrogato due articoli di altrettante leggi che sono quelle che definiscono il profilo di servizio pubblico radiotelevisivo. Quindi, si va verso il rinnovo della concessione fra Rai e Stato senza che l’azienda abbia un suo profilo definito. Aggiungo che non si capisce perché la Rai sia stata messa all’interno delle aziende del perimetro pubblico attraverso un’operazione fatta dall’Istat. Un modo di fare inquietante, perché così un’azienda di produzione non può fare contratti e appalti se non dopo l’emanazione di decreti di questo o quel ministro. Oltretutto il ccnl Rai, che è di natura privatistica, finisce per rientrare dentro i ccnl dei dipendenti pubblici, un’assurdità”, ha concluso Cestaro.

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