Le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato introdotte dalla legge di stabilità 2015, a parte il sacrosanto sblocco del tetto salariale, non contribuiranno a innalzare la sicurezza dei cittadini, né a migliorare le condizioni di vita e di lavoro degli addetti delle forze dell’ordine. Ne è convinto Daniele Tissone, segretario generale del Silp Cgil, secondo il quale “la previsione delle assunzioni per il 2015, che impone una riduzione di personale del 55 per cento, a fronte di un decremento stimabile in circa 2.500 presenze in meno per la sola Polizia di Stato, unitamente alle nuove norme in materia previdenziale, che riguardano tutti i lavoratori attualmente in regime retributivo, concorrerà a far diminuire ulteriormente e in maniera sensibile la presenza di operatori su tutto il territorio nazionale, con una previsione di circa un meno 25 per cento di personale rispetto al 2013”.

Anche per queste ragioni, il Dipartimento della pubblica sicurezza sta ulteriormente insistendo nella rivisitazione “al ribasso” degli uffici di Polizia, predisponendo la chiusura di ben 200 presidi su tutto il territorio nazionale; operazione che, a giudizio del Silp, determinerà la perdita di rifermenti certi per la collettività, nonché di importanti professionalità. “Abbiamo definito tale progetto fin dal primo momento inaccettabile – prosegue Tissone –, poiché riguarderebbe i soli uffici della Polizia di Stato, con una strategia che non guarda alla sicurezza nel suo complesso, ma che al contrario la riduce, accollandone gli oneri interamente al personale e all'utenza, senza incidere peraltro sul versante del controllo della riduzione di spesa”.

Non solo. “Con l'avvio delle procedure per la revisione dell'accordo nazionale quadro, tenuto conto del mutato assetto funzionale, organizzativo e di servizio, così come del blocco parziale del turn over e dell’elevazione dell'età media del personale, oggi innalzatasi a 45 anni anagrafici, intravediamo anche il profilarsi di un ulteriore quanto preoccupante scenario che potrebbe andare a peggiorare le condizioni di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto, attraverso richieste di maggiori sacrifici, che allo stato sono per noi del tutto improponibili”.

Per il sindacato dei lavoratori di polizia della Cgil, non è pensabile far ricadere sulle spalle degli addetti alla sicurezza scelte – come la costante diminuzione di personale – che nascono da esigenze di riduzione del costo del lavoro, o – come nel caso della progressiva carenza di risorse e di mezzi – dovute ai tagli lineari, costati oltre 7 miliardi. “Sono proprio i lavoratori – afferma ancora Tissone – a subirne le pesanti conseguenze, attraverso l'aumento dei carichi di lavoro e dei disagi che minano pericolosamente gli standard qualitativi e quantitativi di sicurezza, che si renderebbero invece quantomai necessari per il paese”.

Che senso ha, si domandano in casa Silp, chiedere a una categoria già seriamente penalizzata – con mancati riconoscimenti di risorse anche sul versante della formazione e dell'aggiornamento, della logistica e degli equipaggiamenti – ulteriori sacrifici? “Preoccupati di tutto ciò – osserva Tissone –, chiediamo all'esecutivo di mutare rotta, affinché si possa garantire a tutti i cittadini uno standard minimale di sicurezza, nelle città come altrove. In questo senso, andrebbero riviste le misure previdenziali adottate, che, qualora non intervenissero modifiche, provocherebbero l'esodo da parte di tanti lavoratori che, a oggi, avendo già raggiunto i requisiti per abbandonare la vita lavorativa, non avrebbero più alcuna ragione per restare, con la conseguente perdita di importanti esperienze e professionalità nei campi della prevenzione e della repressione dei reati”.

Mosso dalle stesse preoccupazioni, il Silp ha da tempo avviato, insieme alla Cgil, un confronto serio con i partiti politici e le istituzioni, con il fine di affrontare il delicato tema della sicurezza con un approccio competente e costruttivo, chiedendo di trasferire in Parlamento la discussione afferente alla chiusura dei presidi. “Serve una discussione vera – rileva il segretario del Silp – , capace di non mettere costantemente in discussione i diritti di chi lavora, a cominciare da quello del rinnovo di un contratto ormai fermo al 2009”.

Una discussione, conclude Tissone, che punti a “un ragionamento più alto sui temi della sicurezza dei cittadini, della lotta al crimine e all'illegalità diffusa, che metta al centro la richiesta di maggiori quanto necessari investimenti sul versante dell'investigazione e dell'intelligence, nella consapevolezza che senza risorse, progetti e obiettivi ambiziosi, il comparto rischia di essere smantellato”.