di Giuseppe Buonpensiero, Rls Fp Cgil Arsenale Marina Militare
Il 17 Settembre scorso, il Giudice per le indagini preliminari di Padova ha rinviato a giudizio 14 ammiragli per la morte per mesotelioma pleurico di un sottufficiale ed un ufficiale della marina, causata dall’esposizione all’amianto. Il procedimento, che li vede imputati per omicidio colposo plurimo, nasce da un‘inchiesta aperta nel 2002 per far luce sul decesso per mesotelioma pleurico di circa mille persone tra ex militari e dipendenti civili impegnati negli arsenali di La Spezia, Monfalcone e Taranto. Secondo la tesi sostenuta dagli inquirenti, nonostante la conoscenza dei pericoli connessi con l‘esposizione all’asbesto fossero ben noti sin dagli anni settanta, la Marina non si sarebbe mai adeguata alle circolari emanate nel corso degli anni dal Ministero della sanità ed i responsabili della forza armata non avrebbero mai informato il personale imbarcato sui rischi per la salute insiti negli ambienti di lavoro, ne emanato direttive per evitare la diffusione delle polveri killer. Basti pensare che già nel 1943 il governo tedesco riconosceva il mesotelioma come malattia professionale indennizzabile dal servizio sanitario e che la prima sentenza italiana che riconosce le malattie da asbesto risale addirittura al 1914 (Tribunale di Cuneo).
In gergo marinaresco, si può dire che finalmente è stata aperta una falla nella paratia innalzata dalla Marina Militare per celare la relazione tra l’insorgenza delle malattie asbesto correlate tra i suoi dipendenti e la presenza di amianto sulle navi da guerra e negli arsenali.
Il fatto poi che il Ministero della Difesa abbia concesso un risarcimento di 850mila euro ciascuno alle famiglie delle due vittime per il ritiro della loro costituzione di parte civile nel processo che sarà celebrato il 10 Gennaio 2010, praticamente rappresenta una vera e propria ammissione di colpevolezza da parte della Marina e serve da apripista per tutte le altre vertenze in corso. Allo stesso tempo però, nell’Arsenale militare di Taranto, in cui l’amianto era stoccato e lavorato sotto ogni forma praticamente dappertutto, i dipendenti civili del ministero della difesa ancora oggi stentano nel vedersi riconoscere i curricula che certificano la loro esposizione all’amianto. Questo nonostante le malattie asbesto correlate continuino inesorabilmente a colpire tutti coloro che hanno prestato servizio all’interno del muraglione(non solo operai ma anche impiegati amministrativi).
Nei giorni in cui si festeggiano in pompa magna i 120 anni dell’Arsenale di Taranto, nessuno ha pensato a commemorare i caduti dell’amianto sepolti e dimenticati nel suo ventre ultracentenario.
Onoriamo questi lavoratori, siano essi civili o militari, pubblici o privati, tutti quanti vittime inconsapevoli di chi ha anteposto interessi di vario genere alla tutela della loro salute.
120 anni di arsenale. Quanti morti per l'amianto?
Riceviamo e pubblichiamo
9 ottobre 2009 • 00:00