La posta in gioco è molto alta e riguarda la sopravvivenza del Servizio sanitario nazionale e il diritto alla salute per tutti. Da tempo assistiamo a un lento ma costante impoverimento della sanità pubblica ma il rischio del collasso è ormai tangibile e i cittadini lo sperimentano quotidianamente: nei lunghi tempi d’attesa, nella povertà dei servizi territoriali essenziali, nella drammatica carenza di medici, infermieri e personale assistenziale.

Conosciamo le cause di questa deriva: anni di sotto finanziamento e di mancati investimenti, blocco delle assunzioni, esternalizzazione di servizi e prestazioni, cedimenti via via sempre più significativi alle logiche del mercato. Abbiamo pensato che la pandemia restituisse forza all’idea della salute come bene comune e centralità alla cura e alle politiche di welfare. Purtroppo sta avvenendo il contrario. La destra al governo prepara il colpo di grazia al sistema pubblico.

Gli interventi adottati dalla Legge di bilancio all’attuazione del Pnrr al progetto di Autonomia differenziata prevedono una ulteriore riduzione delle risorse per la salute, nessun cambio di rotta sulla formazione e il reclutamento dei professionisti che stanno infatti abbandonando il sistema pubblico. Un regionalismo esasperato e mal governato ha prodotto la frammentazione del sistema in differenti modelli organizzativi spesso in contrasto con i principi del Ssn, con il risultato di aumentare le diseguaglianze tra i cittadini e il divario tra Nord e Sud del Paese.

Se la salute oggi non è più un diritto costituzionalmente garantito, come ci chiede l’articolo 32, la responsabilità non è di una vecchia Carta costituzionale che ha fatto il suo tempo, ma di una politica nazionale e regionale che ha progressivamente abdicato alle sue responsabilità.
Si può ancora invertire la rotta. Ma per farlo occorre dire con chiarezza che la salute è un bene comune e per tutelarla non ci si può affidare alle assicurazioni che forniscono le prestazioni in base al premio pagato e si limitano a rimborsare la malattia.

Serve un Ssn organizzato come un bene comune, finanziato in modo adeguato, coerente con i principi di solidarietà e appropriatezza dei sistemi universalistici. Serve una grande alleanza per salvaguardare il diritto alla salute per tutti e quel patrimonio di civiltà rappresentato da Ssn. Nessuno pensi di potersi salvare da solo, né i professionisti che scappano nel privato né chi pensa che sia sufficiente una copertura assicurativa.

Rosy Bindi, Presidente onorario Art.32 Salute diritto fondamentale