“La riunione del tavolo istituzionale permanente di Taranto, a cui peraltro le parti sociali sono presenti in qualità di uditori, quindi, senza diritto d'interlocuzione, conferma la scelta del governo per un processo di bonifica, diversificazione e riconversione economica del territorio. Si tratta di una serie d'impegni già previsti dal contratto di programma, e su cui è difficile non concordare, va segnalato semmai il ritardo dell'avvio di questo processo". Lo dichiara in una nota Gianni Venturi, segretario nazionale Fiom Cgil e responsabile siderurgia.

"Per noi, Il rischio non è la diversificazione delle produzioni sul territorio di Taranto, ma il pericolo è che la diversificazione possa in qualche modo coincidere con la desertificazione industriale. Non è un caso che all'esterno del tavolo istituzionale tutta l'attenzione si sia catalizzata sulle vicende del dl Crescita, dalle disposizioni sulle immunità penali e sulle nuove incertezze delle prospettive industriali, occupazionali e ambientali dello stabilimento di Taranto e di tutto il gruppo ArcelorMittal, a partire dalla condizione dei 1.700 lavoratori in cassa integrazione straordinaria, a cui si aggiungono i 1.400 in cigo", continua il dirigente sindacale.

"Com'è stato anche in queste ore ribadito, ai destini dello stabilimento di Taranto sono inevitabilmente legati anche le sorti più generali degli altri siti del gruppo, del settore siderurgico del Paese e del suo peso rispetto allo specifico contributo al Pil. Il ministro Luigi Di Maio convochi urgentemente il tavolo al Mise per la verifica del rispetto degli impegni previsti nell'accordo del 6 settembre 2018”, conclude l'esponente Fiom.