In Italia siamo controcorrente: mentre nel resto del mondo si discute sulla settimana corta, iniziando a sperimentare la formula dei quattro giorni lavorativi, qui nel settore del commercio ancora si lotta per trascorrere in famiglia le cosiddette feste comandate. Vale per Pasqua e Pasquetta, naturalmente, come per le altre date segnate in rosso sul calendario, a partire dal 25 aprile e il Primo Maggio, la festa dei lavoratori. Che per molti purtroppo non sarà festa.

Per questo la Filcams Cgil torna a rilanciare con forza la campagna "La Festa non si vende", contro le aperture festive e per i diritti dei lavoratori. Una mobilitazione importante sempre, ma in questo periodo dell'anno fondamentale. La libertà di vendere in qualsiasi giorno, esordisce il sindacato, anche in quelli deputati alle feste che un intero Paese tradizionalmente onora, si traduce in obbligo al lavoro per gli addetti del commercio: il diritto delle aziende di vendere, e della clientela di acquistare, anche nei giorni di festa, oscura il diritto di lavoratrici e lavoratori di conciliare dignitosamente i tempi di vita e lavoro, senza che i secondi divorino i primi.

Il lavoro di domenica

C'è anche il lavoro domenicale. Questo se non oculatamente disciplinato, spiega la sigla, "priva gli addetti del commercio di tempo da dedicare alla vita personale: uno sconfinamento del lavoro nel privato che procede ostinatamente nella direzione opposta a quella che condurrebbe ad aumentare il benessere dei lavoratori e ridurre i livelli di stress". Insomma, quella che si vorrebbe presentare come una condotta "liberalmente moderna" appare piuttosto una forma obsoleta di sfruttamento del lavoro.

Le richieste del sindacato

In occasione della Pasqua la Filcams ribadisce le sue richieste: come per tutte le festività del calendario, regolamentazione delle aperture domenicali e chiusura dei festivi: chiede al governo di fare un passo indietro sulle liberalizzazioni di orari e aperture, alle aziende di rispettare i diritti di lavoratrici e lavoratori e alla clientela di dare un valore diverso alle giornate di festa, che non sia la celebrazione del consumo.

La protesta nei territori

La protesta si articola poi a livello territoriale. Nello specifico, in Toscana è stato proclamato uno sciopero per le giornate del 9 e 10 aprile, nelle quali lavoratrici e lavoratori del commercio si astengono dal lavoro. Stesso programma si è svolto nel Lazio, dove lo sciopero è esteso al 25 aprile e al Primo Maggio; analoga protesta in Calabria, con astensione dal lavoro a Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, Primo Maggio e 2 giugno, perché siano i lavoratori a decidere come e dove trascorrere le festività.

La vittoria di Ragusa

In tale situazione, ci sono anche degli esempi positivi. È il caso della Filcams di Ragusa, che attraverso la mobilitazione ha ottenuto il risultato sperato: il centro commerciale La Fortezza di Modica è rimasto chiuso a Pasqua e Pasquetta, alla chiusura hanno aderito anche quelli che intendevano aprire comunque. La dimostrazione che la mobilitazione paga. 

Ancora una volta dunque "La festa non si vende", conclude la Filcams: "Ma non si tratta soltanto del piccolo fronte aperto, con perseveranza, da un'organizzazione sindacale: è una battaglia culturale, molto più ampia, che interessa tutta la società".

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