Quello che si temeva, è successo. Arrivati al punto cruciale, la trattativa tra aziende e sindacati per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici si è interrotta. Il vertice di oggi (mercoledì 7 ottobre) a Roma si è bloccato sul salario: la piattaforma sindacale prevede una valorizzazione dell’8 per cento sul trattamento economico dei minimi, pari a 145 euro in più per un lavoratore di quinto livello. Un aumento negato dalle imprese, che non intendono andare oltre il mero adeguamento dell’inflazione a consuntivo, che in questi mesi è praticamente uguale a zero.

“La posizione di Federmeccanica è inaccettabile, perché di fatto rigetta gli elementi fondamentali della piattaforma, a partire dalla richiesta dell’incremento salariale sui minimi", commenta la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David, annunciando che i sindacati "hanno dichiarato lo stato di agitazione, con il blocco delle flessibilità degli straordinari, e deciso una campagna di attivi dei delegati e assemblee nei luoghi di lavoro".

Federmeccanica, a fronte "della decisione della delegazione sindacale - prosegue Re David - ha interrotto il tavolo negoziale, non confermando i tre incontri già calendarizzati", previsti per giovedì 8, mercoledì 14 e giovedì 15 ottobre. In molte aziende, a partire dal Piemonte, si annunciano scioperi proclamati dalle Rsu. Per giovedì 8 ottobre, intanto, è convocato il Comitato centrale della Fiom Cgil nazionale. 

Il confronto è iniziato alle 11.30, introdotto dal direttore generale di Federmeccanica Stefano Franchi. “Siamo dentro una crisi con la C maiuscola”, avrebbe affermato (secondo le agenzie di stampa) l’esponente degli industriali, aggiungendo che il rinnovo contrattuale deve essere “figlio della situazione che stiamo vivendo”. Per Franchi occorre “mantenere i minimi salariali adeguati all’inflazione”, nello stesso tempo “definire misure per assicurare premi di risultato in tutte le aziende metalmeccaniche”, in modo da redistribuire la ricchezza dove viene prodotta. Anche Assistal (riferiscono ancora le fonti) avrebbe rimarcato la situazione di crisi del settore impiantistico, in particolare per i nuovi impianti.

La risposta dei sindacati è stata netta. “Se Federmeccanica dice che l’adeguamento dei minimi salariali si basa sull'inflazione, non c'è la trattativa sul contratto nazionale dei metalmeccanici”, ha risposto la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David. La dirigente sindacale ha poi evidenziato che “Federmeccanica da novembre scorso a oggi non ha mai cambiato idea sul salario. E non c’entra nulla la crisi legata alla pandemia Covid-19”.

Il rinnovo interessa oltre un milione e mezzo di lavoratrici e lavoratori, operanti in imprese di ogni dimensione e dei settori più diversi, dalla siderurgia all’informatica, dal manifatturiero a tutte le grandi filiere dell’industria. Il confronto tra aziende e sindacati era iniziato a Roma mercoledì 16 e giovedì 17 settembre, per poi continuare mercoledì 23 (a Bologna) e giovedì 24 ottobre (a Reggio Emilia). E già si segnalavano importanti differenze tra le controparti rispetto all’ampio spettro dei temi affrontati (formazione professionale, politiche attive, mercato del lavoro, appalti).

“In questi anni i metalmeccanici hanno visto il loro salario fortemente indebolito”, ha spiegato nei giorni scorsi Re David, rimarcando come ora sia necessario “restituire una ricchezza che anche negli anni della crisi le imprese hanno accumulato, perché oggi producono la stessa ricchezza del 2007, che però è andata solo da una parte”. Un accordo senza aumenti, dunque, è impensabile: “Lo scorso rinnovo si è chiuso praticamente senza salario e con l’impegno, non mantenuto dalle aziende, di estendere la contrattazione integrativa”.

La segretaria generale Fiom sottolinea, appunto, la mancata applicazione di elementi importanti del contratto precedente. “Il ccnl prevedeva un allargamento della contrattazione di secondo livello, e questo intervento è stato disatteso”, spiega Re David, rilevando come il danno sia stato ingente per tutti coloro che non godono appunto degli integrativi aziendali. Da qui, a maggior ragione, la richiesta di “aumentare i minimi salariali, soprattutto per coloro, come tantissimi lavoratori del Mezzogiorno, che hanno nel contratto nazionale il loro unico riferimento”.