La pace e lo sviluppo sostenibile sono collegati e interconnessi. Non c'è sostenibilità se ci sono disuguaglianza, ingiustizia, oppressione, sfruttamento, consumo di energia fossile. E non c'è pace senza sostenibilità. La sicurezza comune e lo sviluppo sostenibile sono il paradigma per ottenere la pace e un futuro condiviso.

Per questo motivo il nostro ruolo e la nostra responsabilità come sindacati devono tenere conto di questo paradigma: la pace non è un impegno opzionale se vogliamo lottare per i diritti umani e del lavoro, per l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Ora, viviamo in un momento molto complicato: il sistema globale sta producendo crisi, disuguaglianze come mai si sono avute nella nostra storia, il pianeta sta soffrendo ed è vicino al collasso.... fino ad arrivare alla guerra a rischio nucleare, oggi presente, in Europa.

Ogni guerra è il fallimento della politica

Ogni guerra è l'incapacità degli Stati e delle istituzioni internazionali di far rispettare la legislazione e il diritto internazionale. Ma non possiamo lasciarci sopraffare da questi fallimenti e assecondare la logica della guerra, dell'escalation militare, dell'aumento delle spese militari, del taglio dei bilanci sociali e sanitari. In ogni guerra le prime vittime sono i civili, i lavoratori, le donne, gli anziani, con perdite di vite umane che non potranno mai essere recuperate.

Ma non c’è fine al peggio, se si considera che in ogni guerra c'è chi fa affari e aumenta i propri profitti.  Una ristretta élite aumenta la propria ricchezza e una vasta maggioranza aumenta la propria sofferenza, l'ingiustizia e la povertà.

Dobbiamo fermare questo gioco cinico. Questo gioco fa parte di un modello globale sbagliato che concentra la ricchezza in poche mani e diffonde sfruttamento e distruzione tra la maggioranza della popolazione mondiale. Sì, la guerra è un'opzione, è uno strumento all'interno di questa cornice.

Questa logica, che accetta la guerra come strumento della politica per produrre ricchezza e prosperità per pochi, è uno dei mali più terribili dell'umanità che non siamo ancora riusciti a sradicare. Nonostante le tragedie delle due guerre mondiali del XX secolo e l'uso della bomba atomica a Nagasaki e Hiroshima. Nonostante la costituzione delle Nazioni Unite, voluta proprio per eliminare il rischio di nuovi conflitti armati in presenza di armi di distruzione di massa che potrebbero porre fine all'esperienza umana sulla terra. 

Oggi siamo di nuovo coinvolti in una guerra in Europa e con il rischio di un incidente o dello scoppio di una guerra nucleare. È la politica che ha fallito. La gente non vuole guerre e non vuole affamare i propri vicini. Sia chiaro che è la Russia ad aver violato il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite invadendo uno Stato sovrano: l’Ucraina. La Russia dovrà rispondere dei nove mesi di guerra, fino a oggi, e il popolo ucraino ha il diritto di difendersi. Ma la soluzione non può essere quella delle armi, della guerra in risposta alla guerra. La guerra non è la soluzione.

La guerra è il problema

Dobbiamo impegnarci e chiedere ai governi, ai parlamenti nazionali, alle istituzioni regionali e alle Nazioni Unite di imporre alle parti un cessate il fuoco per attuare immediatamente la via diplomatica e politica e il negoziato tra le parti. Dobbiamo avere il coraggio di uscire dalla logica della guerra che ci è stata imposta da un modello culturale, sociale ed economico basato sul dominio di una parte sull'altra in nome della propria supremazia e sicurezza.

Solo se affronteremo la situazione attuale con la forza della ragione e con gli strumenti della diplomazia e della non violenza potremo costruire un sistema di sicurezza comune, di cooperazione e di pacificazione. Se saremo in grado di parlare alla popolazione russa oppressa, inviando segnali di cooperazione, assistenza e solidarietà contro il regime oppressore, costruiremo le basi per la coesistenza tra i popoli in Europa e oltre, perché il destino è comune ci riguarda tutte e tutti quanti.

Se vogliamo costruire la pace e la coesistenza tra i popoli dell'Europa e del pianeta, abbiamo il dovere di costruire relazioni e solidarietà tra i popoli sulla base di ciò che ci unisce: il rispetto reciproco, l'accesso universale ai diritti umani, la condivisione del pianeta.

L’associazionismo e i sindacati che hanno a cuore i diritti umani universali e i diritti del lavoro devono essere attori di pace e, quando si profila una guerra o una violazione dei diritti umani, devono essere in grado di rispondere mettendo al primo posto la tutela della vita e dei diritti delle persone e riportando il conflitto all'interno degli strumenti delle istituzioni e delle norme internazionali. Mobilitarsi, promuovere alleanze, tessere relazioni, costruire dialogo, ricostruire fiducia e solidarietà.

In Italia stiamo lavorando duramente per inviare aiuti umanitari ai nostri partner in Ucraina, ma allo stesso tempo stiamo lavorando con una grande alleanza della società civile che promuove la mobilitazione per fermare la guerra e per un'Europa di pace. Per questo abbiamo avviato la campagna europea di Europe for Peace, tutti insieme, sindacati, ong, enti locali, chiese, studenti con l'obiettivo di poter organizzare una Conferenza di pace europea, ma ribadendo la necessità e l’urgenza dell’immediato cessate il fuoco e l’avvio di veri e seri negoziati tra le parti, sotto l’egida delle Nazioni Unite.

La prima azione europea sarà "Christmas Time for Peace" che prevede una mobilitazione nelle città europee dal 24 dicembre al 7 gennaio, tra i cattolici, i protestanti e gli ortodossi e che ci vedrà tutte e tutti quanti impegnati nelle città italiane.

Sergio Bassoli, area politiche europee e internazionali della Cgil/ Rete della Pace/ Europe4peace

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