La sera del 14 marzo 2018, a soli 18 mesi dalla sua elezione, cadeva vittima di un agguato, all’età di 38 anni, Marielle Franco, consigliera comunale a Rio de Janeiro ed esponente del Partito Socialismo e Libertà brasiliano (PSOL), fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani.

“Marielle era nata e cresciuta alla Maré - scriveva Rocco Cotroneo sul Corriere della Sera poco dopo la sua morte - il vergognoso benvenuto di Rio de Janeiro per chi sbarca all’aeroporto internazionale. Dietro tristi pannelli, ufficialmente antirumore, e tra i fetori di un mare morto da tempo, vivono 130.000 abitanti in quello che è definito 'complesso' di una dozzina di favelas. Il tassista che sfreccia verso gli alberghi sulle spiagge raccomanda finestrini chiusi. Per l’odore nauseabondo e il 'non si sa mai'. Veniva da qui Marielle Franco, 38 anni, consigliere comunale, morta ammazzata mercoledì sera a causa della lotta coraggiosa per i diritti della sua gente, povera e di colore come lei. In primo luogo il diritto di non finire ammazzata per mano degli squadroni della polizia. E la sua è stata una vera e propria esecuzione. Sapevano tutto: che lei era in quell’auto, seduta dietro, sono andati a colpo sicuro nonostante la notte e i vetri scuri”.

In prima linea nel denunciare gli abusi della polizia e le esecuzioni extragiudiziali, Marielle (“Una militante coraggiosa e combattiva che difendeva donne, neri, persone LGBT e indigeni” nelle parole della compagna di partito Eliomar Coelho) aveva lavorato instancabilmente per difendere i diritti delle donne nere, dei giovani nelle favelas, delle persone Lgbti e di altre comunità emarginate.

“Un altro omicidio di un giovane è entrato nella lista di crimini commessi dalla Polizia Militare - scriveva il giorno prima del suo assassinio - Matheus Melo stava uscendo da una chiesa. Quante persone ancora devono morire prima che questa guerra finisca?”.

“Il 41 Battaglione della Polizia Militare di Rio - denunciava poco tempo prima - sta terrorizzando e stuprando i residenti della favela. Questa settimana due giovani sono stati uccisi e gettati in un burrone. Oggi la polizia ha camminato per le strade minacciando i residenti. Accade sempre e con i nuovi interventi gestiti anche dall'esercito la situazione è peggiorata”.

Il suo assassinio (per il quale saranno arrestati due ex agenti della polizia militare tra ombre pesanti arrivate a toccare la famiglia Bolsonaro) causerà reazioni in tutto il mondo e mobilitazioni in tutto il Brasile dove saranno organizzate manifestazioni in undici città cui parteciperanno migliaia di persone.

L’Assemblea della Repubblica del Portogallo, il giorno dell’omicidio, approverà  all’unanimità un voto di rammarico per la sua morte, esprimendo “la più ferma condanna per la violenza e i crimini politici e di odio che aumentano giorno dopo giorno in Brasile”. Ed anche il Parlamento europeo, il 20 marzo 2018, condannerà fortemente con una sua dichiarazione congiunta l’assassinio.

“Não è Não - scriveva appresa la notizia la presidente della Camera Laura Boldrini - No è no, era il motto che Marielle Franco aveva tatuato sul braccio. No a violenza contro le donne, no a discriminazione, no a marginalizzazione. La sua è stata un’esecuzione. Ora siamo noi a dover dire no al silenzio! Di Marielle si deve parlare, per non dimenticare”.

Di Marielle continuiamo e continueremo a parlare. Per non dimenticare. Perché non accada mai più. Lo dobbiamo a lei. Lo dobbiamo a noi stessi. Lo dobbiamo a quel sorriso che non si spegne ma che impone verità e giustizia. Che impone a tutte e tutti di continuare a sperare e lottare.

“Le rose della resistenza nascono dall’asfalto, siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parlano dei nostri luoghi di vita e resistenza contro gli ordini e soprusi che subiamo.” Marielle Franco