Con Vincenzo Comito, studioso di storia della finanza, di geoeconomia e di Cina, vogliamo cercare di allargare il quadro delle ragioni che hanno determinato la guerra in Ucraina. Non commenteremo però la cronaca di questi giorni, ma cercheremo piuttosto di capire più in generale i rapporti tra Russia, Cina e Stati Uniti. In particolare ci interessa capire il ruolo strategico della Cina.

Allora Comito, partiamo da quello che abbiamo visto e sentito a proposito della Cina in questi giorni. Pechino non ha condannato direttamente l’invasione dell’Ucraina, ma non sembra neppure porsi come alleato di Putin. Che ruolo gioca? 
La Cina per molti versi si trova in una situazione certamente difficile, delicata. Tra l’altro è amica non solo della Russia, ma anche dell’Ucraina, anche se siamo su di un altro piano e, d’altro canto, deve anche maneggiare con cura i suoi rapporti con l’Occidente. In linea di principio, secondo le dichiarazioni dei responsabili della politica estera, il governo è per un meccanismo di sicurezza europea equilibrato, sottolinea che è necessario rispettare le legittime preoccupazioni in materia di sicurezza di tutti i paesi (comprese incidentalmente quelle della Russia), ma nello stesso tempo che bisogna anche rispettare l’integrità territoriale di tutti i paesi (compresa quindi anche quella dell’Ucraina). In questi giorni ha “deplorato” lo scoppio del conflitto. Bisogna ricordare, più in generale, che la Cina non si intromette mai negli affari interni dei singoli paesi e che semmai rimprovera i paesi occidentali di farlo continuamente. Quindi essa sostiene un ruolo di moderatore, è per una soluzione negoziale e certamente cercherà di spingere i due contendenti a trovare un’intesa al tavolo delle trattative, ammesso che abbia la forza per farlo. La stessa Ucraina le ha chiesto di mediare con la Russia. Dopo di che, comunque il paese asiatico aiuterà la Russia a risolvere, almeno in parte, i problemi finanziari, economici, tecnologici che si porranno a causa delle sanzioni; ma lo farà con cautela, per non incorrere troppo nelle solite ire occidentali.     

Un aspetto importante che è stato forse trascurato in questi giorni riguarda il rapporto diretto tra Cina e Ucraina. In che consiste?
I rapporti commerciali tra la Cina e l’Ucraina sono molto intensi e cordiali. Il paese asiatico è presumibilmente il primo partner commerciale della stessa Ucraina e l’interscambio tra i due paesi rappresenta all’incirca il 15% di quello totale di quest’ultima. È curioso ricordare di questi tempi che, tra l’altro, essa esporta anche armamenti verso il paese del Dragone e fornisce assistenza tecnologica nel settore aeronautico. Sempre la Cina ha molti interessi economici più generali nel paese, mentre l’Ucraina aderisce alla nuova via della seta e la Cina collabora attivamente alla costruzione di diverse infrastrutture nel paese. Ha anche preso in affitto 100 mila ettari di terreno agricolo (qualche male informato giornalista italiano ha parlato invece di 42 milioni di ettari, il che rappresenterebbe la totalità della superficie agricola del paese) per allevare i suoi maiali. In queste settimane poi sempre la Cina, mentre si accendevano le dispute tra la Russia e l’Ucraina, si è comprata la Borsa di Kiev, ciò che segnala, in qualche modo, anche il grande sangue freddo del paese. L’unico incidente da segnalare in tale quadro riguarda il fatto che qualche anno fa un’azienda cinese voleva comprare l’impresa di motori per aviazione Sich (eredità della divisione del lavoro all’interno della ex-Unione Sovietica), settore in cui il paese è indietro, ma gli Stati Uniti lo hanno impedito.  

Molti osservatori sottolineano il fatto che una delle ragioni più profonde di tutte le tensioni internazionali di questa fase storica riguarda l’atteggiamento degli Stati Uniti in politica estera. Si dice che gli Usa non vogliono accettare quello che sembra essere un declino inevitabile.  È così?
Alla base dei conflitti contemporanei (guerreggiati e non) c'è anche il rifiuto da parte degli Stati Uniti di riconoscere che l’attuale ordine mondiale, da loro governato, non regge più e che bisogna dare uno spazio adeguato a paesi come la Cina, la Russia (accusati non a caso dagli americani di minare l’ordine mondiale, mentre ambedue i paesi sono circondati di fittissime basi militari dagli stessi Usa) e anche l’Iran, la Turchia. In mancanza di una ridefinizione di tale assetto, i conflitti più o meno violenti continueranno e comunque i paesi citati si faranno spazio in ogni caso. Riconoscere questo non significa necessariamente, d’altro canto, applaudire all’intervento russo in Ucraina.  

Che valutazione possiamo dare oggi del vorticoso sviluppo economico cinese e dell’importanza che il Paese ha assunto negli equilibri mondiali della globalizzazione? Quale ruolo giocherà nei prossimi anni il rilancio della via della seta che caratterizza da secoli il rapporto tra Cina ed Europa?
Negli ultimi decenni lo sviluppo economico, tecnologico, commerciale, finanziario cinese non ha forse avuto uguali nella storia. Oggi, se consideriamo il livello del Pil stimato con il criterio dei poteri di acquisto, il paese ha superato di qualche importante lunghezza quello statunitense, dopo che era già diventato leader nel campo commerciale. Ora è in atto la rincorsa tecnologica, ancora per la verità da completare, ma che non dovrebbe richiedere ormai troppi anni per essere portata a buon fine. Nel paese ogni anno si laureano ormai quasi dieci milioni di studenti, di cui circa la metà in materie scientifiche. Il programma per la nuova via della seta, dalle dimensioni che ad esempio fa impallidire il grande piano Marshall, nonostante qualche problema, fortemente amplificato dalla propaganda occidentale, va avanti, sembra con importanti risultati, tanto che ora gli Stati Uniti, l’Ue e altri paesi tentano di copiarlo. Naturalmente il paese ha anche diversi problemi interni, ma essi non impediscono la continuazione della crescita quantitativa e qualitativa dell’economia.

Che tipo di scenari possiamo immaginare nell’evoluzione dei rapporti di forza mondiali? Si può prevedere – come sostengono alcuni osservatori - un blocco Cino-Russo contro gli Usa? O per la Cina sarebbe preferibile un indebolimento della Russia e la fine di Putin?
Le sanzioni e la forte ostilità Usa ed europea spingono ora ovviamente e ancora di più la Russia a un’alleanza stretta con la Cina; si tratta di un matrimonio certamente di convenienza: i due non si amavano molto e, tra l’altro, una vena di razzismo anticinese era diffusa, almeno sino a non molto tempo fa, nel paese). Ma pur sempre di un matrimonio, in cui i rapporti di forza giocano però quasi tutti a favore di Pechino, che ha un’economia dieci volte più grande di quella russa e non so quante volte più forte sul piano finanziario e tecnologico. Quindi si tratterà di un’alleanza in qualche modo squilibrata. Per altro verso, i due paesi sono economicamente complementari e se i russi si decidessero ad aprire veramente le porte del paese ai cinesi, ne risulterebbe in una ventina di anni uno sviluppo persino prodigioso della Siberia, con tutte le sue ricchezze. Ma è difficile che Putin si spinga a tanto. Sul piano finanziario l’esclusione del paese dalla rete Swift non può che portarlo a inserirsi nella rete autonoma cinese, anch’essa come quella russa in via di sviluppo ma ora dalle prospettive migliori, così come forse verrà accelerato il programma del renmimbi virtuale, programma su cui la Cina è avanti di diversi anni rispetto ai paesi occidentali. Ambedue le mosse tendono ad allentare la presa degli Stati Uniti sul sistema finanziario mondiale, lavoro peraltro di lunga lena, ma ormai inevitabile. Sul piano politico ci sono per il momento solo le premesse della creazione di un’alleanza politica, ma essa ingloberebbe una parte molto consistente dell’Eurasia e somiglierebbe per molti versi, almeno come estensione territoriale, al vecchio impero mongolo, per il quale territorio, tra l’altro, passava, forse nel periodo di suo massimo splendore, la via della seta, questa “spina dorsale del mondo” come la definisce lo storico Peter Frankopan. Insomma, potrebbero, ahimè, maturare le condizioni per la creazione di nuovo di due blocchi mondiali separati e contrapposti, quello eurasiatico e quello occidentale.

Uno dei motivi per i quali la guerra in Ucraina ha creato l’attenzione totale delle opinioni pubbliche riguarda il fatto che si tratta di un conflitto europeo. Che rapporti ci saranno tra Cina ed Europa nel prossimo futuro?
Secondo me, ma certo potrei sbagliarmi, l’Europa non esiste e non riuscirà a esistere in un prossimo futuro come potenza di grande rilievo. Ricordiamo solo due dimensioni del problema. Innanzitutto, il continente è in forte declino demografico e avrebbe bisogno, per tenere il passo, di 2-3 milioni di nuovi immigrati all’anno, cosa che i cittadini e i governanti del continente non vogliono assolutamente. Inoltre, esso ha perso la corsa tecnologica e oggi non ci sono sulla scena in tale campo che Stati Uniti e Cina, mentre i programmi tecnologici che si vanno lanciando a livello della Ue – da ultimo quello dei chip – sono insufficienti a risalire la china. L'Europa, tra l’altro, non riesce in alcun modo ad assumere una posizione di almeno relativa autonomia dagli Stati Uniti. Per quanto riguarda i rapporti con la Cina, ci sono in Europa molte forze che cercano d'impedire in tutti i modi il loro sviluppo. Sino a ieri la cancelliera Merkel era un importante punto di forza e di equilibrio su questo come su altri fronti, ma la sua uscita da ogni incarico sta già avendo effetti molto negativi su questa come su diverse altre questioni. Il volto della Von der Leyen, come quello di altri personaggi come Borrell, non appare a questo proposito molto rassicurante. Qualche tempo fa era stato messo a punto un progetto di trattato sugli investimenti tra Ue e Cina, ma esso è stato sino a oggi sabotato dalle forze ostili; si sta cercando ora di metterlo di nuovo in campo, ma chissà. Eppure soprattutto l’economia tedesca è ormai fortemente dipendente dai rapporti con la Cina e sarebbe nel suo interesse cercare di portare avanti dei buoni rapporti con il paese asiatico. Vedremo.   

Sempre a proposito della “questione americana” quanto conteranno le tensioni locali che coinvolgono la Cina ai suoi confini accanto al problema annoso di Taiwan?
La questione ucraina non ha nulla a che vedere con quella di Taiwan e non la influenzerà in alcun modo.

Un’altra domanda interessante riguarda il ruolo geopolitico che la Cina ha intenzione di giocare sullo scacchiere mondiale nei prossimi anni. Una potenza economica accresciuta favorirà anche un espansionismo territoriale cinese , ad esempio in Africa?
Almeno a mio parere, la Cina non ha alcuna ambizione territoriale, attività cui non è in alcun modo interessata, se non quella di mettere insieme i vecchi confini storici del paese, compresa quindi Taiwan. Essa è stata nel corso della storia una dei paesi meno aggressivi militarmente che ci siano mai stati, insieme all’India. Il paese guerrafondaio in Asia, nel corso dei secoli, è semmai stato il Giappone, che ha tentato varie volte d'invadere la Cina, passando per la Corea. Vorrei ancora ricordare, tra l’altro, che gli Stati Uniti hanno circa 1000 basi militari intorno al mondo e la Cina una.  Essa è invece molto interessata allo sviluppo dei rapporti economici, finanziari, tecnologici con tutti. Vorrei infine ricordare che la grande muraglia è stata costruita per difendersi dai nemici, ma anche per delimitare i propri spazi, per suggerire al mondo che i cinesi stavano bene nel loro cerchio e non erano molto interessati al resto del mondo. E questa tentazione a rinchiudersi molto di più in sé, di fronte anche all’attuale ostilità occidentale, sta emergendo di nuovo nel paese.      

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