Un’altra manovra, per la vice segretaria Cgil Gianna Fracassi, è non solo possibile ma doverosa. E le tante piazze che si riempiono in questi giorni di lavoratori, lavoratrici e pensionati, chiamati allo sciopero da Cgil e Uil, sono lì a dimostrarlo. Nulla per salari e contro la precarietà, molto per chi più ha, e ammiccamenti agli evasori. E non solo, così facendo si riduce il perimetro pubblico e si tagliano le risorse reali per scuola, sanità e trasporto locale. È arrivato il momento di aumentare le risorse che arrivano dagli extra profitti e un contributo di solidarietà

Dice Meloni: le risorse sono poche e noi abbiamo fatto una manovra attenta ai più deboli. È così?
No, non è così. È vero che le risorse sono poche, non è vero che la manovra è per i deboli o privilegi i più deboli. In realtà, per quanto riguarda energia e bollette, si tratta per buona parte di misure previste dal Governo Draghi e prorogate, ma che già allora ritenevamo insufficienti e per questo le contestammo. Nelle misure nuove, invece, c'è una scelta politica: sono interventi pesanti, penso a quelli fiscali, che vanno nella direzione opposta rispetto alla strada che si dovrebbe percorrere. Si riducono le tasse a chi ha un reddito molto elevato, mi riferisco ovviamente alla flat tax, mentre sul lavoro dipendente e sui salari, a parte la conferma della riduzione di due punti di cuneo fiscale per i redditi sotto i 35 mila euro e l’aggiunta di un punto per quelli sotto i 20 mila, non si fa proprio niente. 

Si riducono le tasse ai ricchi, si favoriscono gli evasori e si restringe il perimetro pubblico, dalla scuola alla sanità e al trasporto pubblico locale, passando per il reddito di cittadinanza.
È un altro esempio lampante del fatto che non è una manovra per i più deboli. Da un lato i mancati investimenti, dall’altro la riduzione degli investimenti: penso alla sanità, oppure all'annuncio della soppressione del reddito di cittadinanza. Mi sembra evidente come si sia voluto piantare delle bandierine legate al consenso, quello raccolto durante la campagna elettorale, ma non siamo più in campagna elettorale. E poi c'è proprio uno schema preciso rispetto agli interventi sullo stato sociale, quello nei confronti dei più deboli.

Sui più deboli, per altro, grava l'impennata dell'inflazione...
Certamente, occorre tenere presente anche l'impatto che l'inflazione ha sul versante del sistema sociale, ossia una riduzione delle risorse. L'inflazione non erode solo stipendi e pensioni, ma anche le
risorse a disposizione di sanità, scuola e servizi sociali, basti pensare al costo delle bollette. Non tenerne conto e non aumentare gli stanziamenti significa in realtà ridurli. Poi, per quanto riguarda l’istruzione, ad esempio, ci sono tagli veri e propri così come per la sanità.

E il lavoro?
Non si risponde all'emergenza salariale né alla precarietà. Anzi, l’unico intervento è addirittura la reintroduzione dei voucher. Cioè si impoveriscono per 'legge' i salari e si aumenta la precarietà. Rispondere alla precarietà dei giovani e delle donne soprattutto, ma anche di settori particolarmente vulnerabili come l'agricoltura, il turismo o il commercio con il buono lavoro, significa non solo non dare risposte, ma anzi lanciare un messaggio politico preciso. Coerentemente con quanto affermato dalla presidente Meloni nel suo discorso d'insediamento: non disturbiamo chi fa, a qualunque costo aggiungo io. Ed ecco che, quindi, si favorisce per legge il lavoro senza diritti, precario, sfruttato e povero.  

Un’altra manovra è possibile?
Sicuramente sì. È una questione di scelte di priorità. Per altro ci sono interventi che non costano: quelli sulla precarietà e per ridurre la disuguaglianza nel lavoro, ad esempio, dove basterebbe intervenire sulla pletora di contratti precari, così come non costa nell’immediato la pensione di garanzia. Certo, costano gli interventi a sostegno dei redditi, penso all'indicizzazione delle detrazioni, il cosiddetto fiscal drag. Come costa un intervento corposo sul cuneo contributivo. Ma si tratta appunto di scelte. In manovra ci sono le risorse per ridurre, e di molto, le tasse ai lavoratori autonomi che guadagnano fino a 85 mila euro e non quelle per ridurle a dipendenti e pensionati che guadagnano meno.  Poi ci sono i contributi per le aziende: alcuni sacrosanti, appunto per sostenere soprattutto questa fase difficile, ma altri francamente no.

Dov'è possibile recuperare risorse?
I saldi possono anche aumentare: se, ad esempio, si interviene sul serio sugli extra profitti, qualche miliardo si può recuperare. E poi, in una fase difficile come questa, le risorse si prendono dove sono, anche attraverso contributi straordinari. Altro che riduzione dell’aliquota per i redditi da patrimonio. Per non parlare della mancata lotta all’evasione e dei condoni. Se andiamo a vedere i conti, l’intero welfare è sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati, e lo sarà sempre di più. Ma il fisco è alla base del patto di cittadinanza, così prevede la Costituzione. E oggi siamo in presenza della sua rottura. Insomma, l’abbozzo di riforma fiscale presente nella manovra, oltre a essere iniqua perché stabilisce tassazioni diverse e modelli diversi di tassazione, è anche profondamente ingiusta. Rompe il patto sociale e di cittadinanza e divide le persone.