La lista dei siti culturali ed archeologici che riapriranno il 18 maggio ne comprende diversi. Ma i Musei Civici di Firenze non sono tra questi. L’assessore alla cultura Tommaso Sacchi ha annunciato lo stop alle attività culturali del comune finché non arriveranno adeguate risorse pubbliche a sostegno dei costi di riapertura. Non è ancora possibile prevedere se l’affluenza di visitatori permetterà di sostenere il rilancio dei musei, a Firenze come nel resto d’Italia. Ma le parole dell’assessore Sacchi hanno generato preoccupazione per il prossimo futuro di molti lavoratori. Sono oltre duecento, come indicato dalla Filcams Cgil, quelli impiegati negli appalti. Il rischio messo in evidenza dal sindacato è che si “scarichino le difficoltà del bilancio comunale sul lavoro”.

Il patrimonio artistico e culturale del nostro paese è affidato alla gestione di una complessa rete di soggetti. Tra questi ci sono anche imprese e società cui una quantità sempre maggiore di servizi è stata affidata, nel corso degli anni, attraverso continue esternalizzazioni. Si pensi ai servizi di food and beverage, i bookshop, le biglietterie, le pulizie. Tutto ciò, a fronte di una carenza costante di personale assunto in organico. Allo scoppio dell’emergenza covid-19, il circuito dei beni culturali è stato tra i primi a fermarsi e i lavoratori ne hanno pagato le conseguenze. Gli addetti in appalto operano spesso in condizioni lavorative precarie, con stipendi bassi e contratti part time volontari. Ovvero, lavoro povero. 

“Crediamo che scaricare le oggettive penurie di bilancio comunali sul lavoro sia sbagliato – dichiara la Filcams - senza una progettualità di medio e lungo periodo”. Il sindacato ha chiesto, invece, più coraggio politico, per adottare scelte straordinarie adeguate al contesto dato, una diversa visione di prospettiva politica del settore e un rinnovato impegno del ruolo del pubblico. Le priorità sono tutelare il lavoro, gestire al meglio le risorse e offrire un servizio pubblico di qualità alla cittadinanza. Per farlo, la strada indicata dal sindacato è un’inversione a u: ripensare complessivamente la gestione dei servizi pubblici, attraverso un percorso di reinternalizzazione.