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L’Italia retrocede al 46° posto per l’azione climatica, nella classifica Climate Change Performance Index 2026 stilata dal rapporto di Germanwatch, Can e NewClimate Institute, in collaborazione con Legambiente, e presentato alla Cop30 in Brasile. Perde tre posizioni rispetto allo scorso anno e 17 rispetto al 2022, quando era 29esima.
Una discesa che la fa restare lontana dalle posizioni di vertice occupate dalla Danimarca, quarta grazie alla significativa riduzione delle emissioni e allo sviluppo delle rinnovabili, soprattutto offshore, dal Regno Unito, al quinto posto per l’ambiziosa politica climatica e per il phase-out dal carbone, e dal Marocco, sesta per la politica climatica che garantisce emissioni pro-capite molto basse.
Anche quest’anno le prime tre posizioni della classifica non sono state attribuite. Nessuno dei Paesi ha ancora raggiunto la performance necessaria per contribuire a contenere con efficacia il surriscaldamento del Pianeta entro la soglia critica di 1,5°C.
Lo studio prende in considerazione le prestazioni di 63 Paesi, più l’Unione Europea che insieme rappresentano oltre il 90 per cento delle emissioni globali. La misurazione prende come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e gli impegni assunti al 2030: trend delle emissioni, sviluppo sia delle rinnovabili, efficienza energetica, politica climatica.
“La Penisola paga lo scotto di una politica climatica nazionale inadeguata a fronteggiare l’emergenza climatica – afferma Legambiente in una nota –. L’aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) consente una riduzione complessiva delle emissioni entro il 2030 di appena il 44,3 per cento e del 49,5 se si includono anche gli assorbimenti di carbonio del settore Lulucf. Un ulteriore passo indietro rispetto al 51 per cento previsto dal Pnrr, già inadeguato rispetto all’obiettivo europeo del 55. Piano che per di più stenta a decollare, come emerge anche dal rapporto Ispra sullo Stato dell’ambiente 2025”.
Da notare le posizioni di Cina e India. La Cina, maggiore responsabile delle emissioni globali, sale di una posizione rispetto all’anno scorso, attestandosi al 54° posto. Nonostante il grande sviluppo delle rinnovabili, insieme a batterie e auto elettriche, le emissioni cinesi crescono ancora per il continuo ricorso al carbone, sebbene nel primo trimestre di quest’anno si sia registrato un loro declino. Segnale che probabilmente le emissioni cinesi hanno raggiunto il picco grazie al crescente contributo delle tecnologie pulite. La peggiore performance climatica, tra i grandi emettitori globali, quest’anno è quella dell’India (23° posto) che scende di ben 13 posizioni.
“Quanto emerge dal report Germanwacth 2026 - commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – conferma quanto poco stia facendo l’Italia nel contrasto alla crisi climatica. Sul fronte energetico il nostro Paese continua ad avere una visione miope, sta facendo passi indietro creando al tempo stesso nuove dipendenze energetiche dall’estero, da Paesi instabili politicamente. Il governo Meloni usi buon senso e non dimentichi che la Penisola può diventare un hub delle rinnovabili attraverso un modello fondato su fonti pulite, reti, accumuli ed efficienza. Solo così sarà possibile vincere la sfida della duplice crisi, energetica e climatica, che rischia di mettere in ginocchio l’Italia e compromettere la competitività della nostra economia”.






















