“Ogni cittadino, ma soprattutto ogni istituzione locale e ogni organizzazione rappresentativa del lavoro, dell'economia e dell'impegno sociale collettivo in questi nostri territori, dovrà ripartire da quanto ci insegna la recente maxi sentenza Aemilia”. Ad affermarlo è Franco Zavatti, del coordinamento legalità Cgil regionale Emilia Romagna. 

Secondo Zavatti sarebbe un errore considerare quello storico evento giudiziario un “punto di arrivo”, perché “giustizia è fatta”. “Una simile lettura superficiale – sostiene il dirigente sindacale – riporterebbe la società di queste nostre province emiliane più direttamente coinvolte a sottovalutazioni non più tollerabili circa la realtà presente e radicata di una certa economia irregolare, illegale e malavitosa. 
Illegalità, che pure la maxi sentenza ha riconfermato, e che si propone ed espande, parlando bene anche i nostri dialetti". 

Zavatti porta ad esempio il caso modenese: “I dieci nominativi in elenco dei condannati e/o oggetto di confische sono composti da sei imprenditori di famiglia e storia modenese (B.Costruzioni Srl - Ios Srl - DueAenne Sas - Magnolia Srl - F.lli Gib. Srl), mentre gli altri quattro hanno acquisito qui la residenza, provenienti da Cutro, Crotone ecc.”. Maxi numeri già chiaramente posti al centro dell'attenzione pubblica dai mezzi di informazione: 1.223 anni di reclusione per 120 condanne, 78 parti offese, 32 parti civili con risarcimenti consistenti, beni sequestrati per oltre 500 milioni. 

Dopo i sequestri patrimoniali in via preventiva, fatti con l'avvio del procedimento Aemilia, la sentenza di condanna in primo grado di Reggio, dispone le maxi confische. “Partendo dalla considerazione, basata sui fatti, che vede la costante crescita sui nostri territori emiliano-romagnoli di operazioni investigative e giudiziarie sfociate in sequestri e confische di beni sottratti alla criminalità organizzata e a pezzi di economia locale collusa e, purtroppo, collaborante con le mafie, è emersa con forza l'esigenza di darci strumenti collettivi in grado di sostenere e stimolare un vero ed efficace riutilizzo sociale dei beni confiscati”, scrive ancora Zavatti. 

A questo scopo, grazie anche al coordinamento fra tutti i soggetti istituzionali, sociali, sindacali e imprenditoriali – rafforzato dalla legge regionale sul Testo Unico Legalità ed economia responsabile –, è partito un percorso concreto per definire protocolli d'intesa fra le presidenze dei nostri tribunali e le associazioni della rappresentanza sociale, per il sostegno concreto “alla gestione dei beni sequestrati e confiscati”. “Grazie all'impegno regionale di Libera, delle confederazioni Cgil,Cisl,Uil e il lavoro prezioso dall'Università di Bologna/Alma Mater Studiorum – ricorda Zavatti – si è giunti alla firma, nel settembre 2017, del primo Protocollo col Tribunale bolognese e, successivamente, avviato e in corso il confronto con i Tribunali di Reggio, Modena, Parma”. 

Per la Cgil, “obiettivi concreti e irrinunciabili sono, in primis, la salvaguardia e la continuità produttiva delle aziende strappate alle mafie coniugando la ripresa della legalità, col rispetto dei diritti e dignità di quei lavoratori coinvolti. E, ancora, sostenere il celere ed efficace riutilizzo sociale dei tanti immobili e dei terreni agricoli oggetto di sequestro”. In tal senso, i protocolli in discussione prevedono la massima collaborazione delle associazioni economiche e sindacali con le autorità dei tribunali, per facilitare percorsi e soluzioni utili nelle gestioni e assegnazioni dei beni. 

“Questa è la direzione su cui proseguire e accelerare – conclude Zavatti –, specie dopo il notevole allargamento dell'entità dei beni confiscati con le sentenze Aemilia. Questa è la strada necessaria, civile e partecipata. Certamente una strada diversa e opposta a quella indicata dall'art. 36 del Decreto Sicurezza del governo, che amplifica la possibilità di vendere a privati i beni confiscati. Un rischio evidente, e da evitare assolutamente, che può rimettere nel circuito dei clan attraverso loro prestanome il riacquisto col riciclo patrimoniale”.