“Il presidente della Regione chieda con urgenza la convocazione del tavolo ministeriale sul petrolchimico”: è l’appello del segretario generale della Cgil Enzo Costa che già sabato scorso aveva scritto a Cappellacci per sollecitare un suo intervento sul rispetto degli impegni presi il 21 luglio scorso a Roma da Eni e Governo nazionale. “Ancora una volta – denuncia Costa - i lavoratori sono costretti a gesti estremi per difendere il diritto al posto di lavoro”: il riferimento è ai cinque lavoratori che sono saliti, intorno a mezzogiorno, sulla Torre aragonese a Porto Torres, proprio per protestare contro l’assenza di cerneste sul futuro del polo petrolchimico.

A tre mesi dalla mobilitazione che aveva portato all'attenzione del Consiglio regionale e del ministero la vertenza sul petrolchimico, non si intravedono spiragli positivi. Anzi, sembra riconfermata la chiusura definitiva degli impianti di fenolo e cumene, si preannuncia la dismissione della centrale elettrica, vengono dichiarati oltre 150 nuovi esuberi nel personale, si ipotizza la trasformazione dell’attuale parco serbatoi nel più grande deposito costiero di idrocarburi del Mediterraneo, si dichiarano interventi di bonifica da realizzare nei prossimi anni: “Sono operazioni assolutamente non concordate sulle quali la Cgil ha già espresso parere negativo – ha detto Costa - aggiungendo che la Sardegna non accetterà simili imposizioni, soprattutto se a pagare dovranno essere i lavoratori del comparto”.

Dopo la mobilitazione del 10 luglio
e l'incontro al ministero del 21, il ministro Scaiola si era impegnato a riconvocare - entro la fine di settembre o al massimo i primi giorni di ottobre - Eni, sindacati e Regione per definire una volta per tutte il futuro della chimica in Sardegna. “Purtroppo – denuncia il segretario della Cgil Enzo Costa – non risulta che siano previste convocazioni di tavoli istituzionali, mentre proseguono quelli aziendali nei quali emergono prospettive ben diverse rispetto al rilancio del petrolchimico di Porto Torres”.