Sì all'accorpamento delle province, no a quello delle festività. Sono le due decisioni più importanti uscite dal Consiglio dei ministri di oggi, 20 luglio. Lo stop allo spostamento delle feste patronali alla domenica è stato deciso per tre ragioni. La prima è che secondo le stime della Ragioneria generale la misura non dà sufficienti garanzie di risparmio. La seconda: non esistono in Europa previsioni normative di livello statale che accorpino le celebrazioni nazionali e le festività dei santi patroni. Infine, perché l'attuazione della misura nei confronti dei lavoratori privati violerebbe il principio di salvaguardia dell'autonomia contrattuale, con il rischio di aumentare la conflittualità tra lavoratori e datori di lavoro.

Il Cdm ha anche definito i criteri per il riordino delle province previsti dal decreto sulla spending review: in base ai criteri approvati, i nuovi enti dovranno avere almeno 350mila abitanti e estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. "Nei prossimi giorni - si legge nella nota di Palazzo Chigi - il Governo trasmetterà la deliberazione al Consiglio delle autonomie locali (Cal), istituito in ogni Regione e composto dai rappresentanti degli enti territoriali. La proposta finale sarà trasmessa da Cal e Regioni interessate al governo, il quale provvederà all'effettiva riduzione delle province promuovendo un nuovo atto legislativo che completerà la procedura'.

Le nuove province eserciteranno competenze in materia ambientale, di trasporto e viabilità. Le altre finora esercitate dalle Province vengono devolute ai Comuni, come stabilito dal decreto Salva Italia. La soppressione delle province che corrispondono alle Città metropolitane - 10 in tutto, tra cui Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze - avverrà contestualmente alla creazione di queste, entro il 1 gennaio 2014.

Sulla base di questi criteri l'Ansa ha tracciato un quadro completo a livello nazionale. In Piemonte, via Vercelli, Asti, Biella, Verbano-Cusio e Novara. In Lombardia rimarrebbero solo Milano Brescia, Bergamo, Pavia mentre dovrebbero essere accorpate le attuali Province di Lecco, Lodi, Como, Monza Brianza, Mantova, Cremona, Sondrio e Varese. Nel Veneto rimarrebbero in vita Venezia Verona e Vicenza. Accorpamento in vista per Rovigo, Belluno, Padova, Treviso.

In Liguria su quattro Province attuali ne scompaiono due, Savona e Imperia; salve Genova e La Spezia. In Emilia Romagna sì a Bologna, Parma, Modena e Ferrara; accorpate Reggio Emilia, Ravenna, Forli'-Cesena, Rimini e Piacenza. In Toscana, su 10 Province, si salverebbe solo Firenze (via Grosseto, Siena, Arezzo, Lucca, Massa Carrara, Pistoia, Prato, Pisa e Livorno). In Umbria rimane solo Perugia, 'salta' Terni; nelle Marche sarebbero 'salve' Ancona Pesaro e Urbino, mentre non hanno i requisiti per sussistere Ascoli Piceno, Macerata e Fermo.

Nel Lazio rimarrebbero Roma e Frosinone, ma dovrebbero essere accorpate Latina, Rieti e Viterbo. In Abruzzo non subirebbero accorpamenti L'Aquila e Chieti, in Molise rimarrebbe solo la provincia di Campobasso, in Campania salve Napoli, Salerno, Caserta e Avellino, fuori solo Benevento. In Basilicata rimarrebbe in vita la Provincia di Potenza, esclusa invece quella di Matera; in Puglia su 6 Province se ne salvano solo 3: Bari, Foggia e Lecce, da accorpare Taranto, Brindisi e Barletta-Andria. Infine in Calabria, su 5 Province, si salavano Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro; da accorpare Crotone e Vibo Valentia.

A queste sono da aggiungere le Province nelle Regioni speciali: in Sicilia su 9 ne rimarranno in vita solo 4: Palermo, Agrigento, Catania e Messina. La scure si abbatterà su Caltanisetta Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani. In Sardegna una debacle: rimarrà solo la Provincia di Cagliari. Verranno 'eliminate' le Province di Olbia Tempio, Medio, Ogliastra, Carbonia, Sassari, Nuoro, Oristano. Infine in Friuli, su 4 Province iniziali, due rimangono in vita, Trieste e Udine, due vengono tagliate o, meglio, accorpate: Pordenone e Gorizia.