Il prossimo 29 luglio le categorie del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil saranno in piazza a Roma, davanti a palazzo Vidoni, la sede del ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, per riaprire la stagione dei rinnovi contrattuali. Dalla loro hanno la sentenza della Consulta sull'illegittimità del blocco degli ultimi anni, sentenza che però non ha dato una svolta alla riapertura della contrattazione.

“Continuiamo a sostenere che il diritto al contratto è sacrosanto – commenta Serena Sorrentino, segretario nazionale Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 -, perché il contratto sottrae il lavoratore al ricatto e al potere unilaterale dell'impresa. Questo vale nel privato, dove stiamo contrastando il Jobs Act proprio su quelle misure che danno più potere alle imprese nella gestione unilaterale della prestazione lavorativa (penso al tema delle mansioni dei controlli a distanza). Ma vale anche nel sistema pubblico. Abbiamo visto nel disegno di legge scuola il preside manager, che può disporre non soltanto dei lavoratori ma anche dell'organizzazione della didattica senza alcun confronto collegiale, anche se adesso nella propaganda del governo il preside manager è stato trasformato in un più affabile leader educativo. Così come nella riforma Madia (della pubblica amministrazione, ndr) vediamo implementare le prerogative della legge sui contratti, ci sono molte competenze che vengono sottratte alla contrattazione e che vengono riassegnate in titolarità alla legislazione e quindi in via ultimativa al datore di lavoro, che nel sistema pubblico sono le amministrazioni e gli enti”.

“Questo è un principio che continuiamo a contestare – ha proseguito Sorrentino intervenendo alla trasmissione Italia Parla (podcast) -, ed è per questo che rivendichiamo, anche attraverso la mobilitazione, il diritto a riaprire la contrattazione a livello nazionale, anche alla luce del pronunciamento della Consulta che rafforza una battaglia che il sindacato dei dipendenti pubblici, la Cgil, le organizzazioni sindacali, non hanno mai smesso di fare in questi anni di blocco dei contratti della p.a.”.

Inoltre, per la dirigente sindacale “è impossibile fare la riforma della p.a. senza il coinvolgimento dei lavoratori, perché la più grande operazione di ristrutturazione e di riqualificazione dei servizi pubblici parte proprio da una diversa organizzazione dei servizi nel territorio e nelle singole aziende. Si pensi ai processi di riorganizzazione degli orari, dei turni, delle flessibilità per garantire un aumento dei servizi ai cittadini: vale per i servizi comunali, vale per il sistema sanitario, vale anche per i servizi cosiddetti avanzati, quelli a carattere più innovativo per il sistema delle imprese e per il territorio nel suo complesso. Fare tutto questo aumentando le prerogative del datore di lavoro senza il coinvolgimento dei lavoratori per noi è inspiegabile. Siccome l'unico strumento che regola il rapporto tra il lavoro e l'impresa rimane il contratto e la contrattazione, è proprio quello il nostro punto di rivendicazione maggiore oggi con il governo. Noi non vediamo un disegno innovativo nelle proposte che il ministro Madia e che il governo Renzi hanno fatto rispetto alla p.a. proprio perché non si investe sul lavoro”.

Più in generale, e non solo nella mobilitazione dei settori pubblici, la contrattazione può essere uno strumento importante, l'unico probabilmente, per arginare gli effetti più dannosi del Jobs Act, abolizione dell'Articolo 18 in primis. La firma del Patto per il lavoro in Emilia Romagna ne è un esempio.

“Nel nostro osservatorio – spiega Sorrentino – abbiamo registrato circa un centinaio di accordi sottoscritti fino a oggi dalle organizzazioni sindacali, che hanno iniziato a porre un argine ai primi decreti attuativi del Jobs Act.
La maggioranza della nostra attività contrattuale si è rivolta al famoso articolo 7 del decreto sulle tutele crescenti. Riguarda i lavoratori degli appalti che rischiano di non essere tutelati nel cambio di appalto, in virtù di una norma contenuta nel decreto sulle tutele crescenti. La norma rende retroattivo il nuovo contratto a tempo indeterminato per i lavoratori del settore degli appalti. Prima, quando un lavoratore passava da un appalto all'altro, c'era la possibilità con la clausola sociale di garantire la continuità lavorativa. Con l'applicazione del Jobs Act, invece, questa norma è stata cancellata e a ogni cambio appalto il lavoratore azzera il contatore dei diritti e ricomincia da capo. Con gli accordi che abbiamo sottoscritto garantiamo a questi lavoratori i diritti acquisiti”.

La Cgil, poi, ha “sottoscritto anche altri accordi – prosegue Sorrentino - che prevedono per i nuovi assunti la possibilità di garantire i trattamenti in vigore prima del Jobs Act per i lavoratori a tempo indeterminato. E molti accordi guardano a forme di stabilizzazione che non portano i lavoratori, dopo tanti anni di precariato, nelle tutele crescenti ma, al contrario, in una condizione di maggiore stabilità”.

Secondo la dirigente Cgil, “le imprese in realtà continuano a segnalare un tema urgente, che non è tanto quanto cancelliamo diritti del lavoro o quanto rendiamo più precario il tempo indeterminato. I dati ci dimostrano che il contratto a tutele crescenti ha avuto un effetto più in virtù dell'esonero contributivo, cioè del fatto che l'impresa per tre anni risparmia il 30% del costo del lavoro, che non per la cancellazione dell'Articolo 18. L'impresa che ha bisogno di una bassa qualità del lavoro è quell'impresa che in realtà non fa investimenti, è quell'impresa che non ci fa uscire dalla crisi, che pensa che si possa risolvere tutto scaricando sul salario dei lavoratori e sui diritti del lavoratore la sofferenza che deriva dai mancati investimenti. Mentre (questo il tema urgente, ndr) le imprese che vogliono stare nel regime di competitività internazionale, e che cercano di costruire modelli di sviluppo competitivo, in realtà sono interessate a sottoscrivere patti e contratti con le organizzazioni sindacali che aumentano la qualità del lavoro, come il patto in Emilia Romagna”.

“I tanti accordi sulle politiche attive e sulla formazione continua dei lavoratori – conclude Sorrentino - che abbiamo fatto in questi anni, associati agli accordi sugli ammortizzatori, parlano proprio di questo, dell'esigenza vera che abbiamo, cioè quella di qualificare sempre di più i lavoratori delle imprese italiane e di aumentare conoscenze e competenze per puntare sui mercati internazionali. Tutto questo non trova risposte nel Jobs Act. È per questo che la contrattazione dimostra la sua efficacia”.