Più che un’affermazione si tratta di un auspicio. L’augurio che la legge di stabilità, che sarà approvata entro la fine del 2015, possa mettere al centro una revisione del sistema pensionistico attualmente in vigore, correggendo quelle rigidità che gravano sulla vita di tanti uomini e donne, rimasti intrappolati nelle maglie della continua rincorsa tra periodi contributivi richiesti, età da raggiungere e speranze di vita che, sommati ai requisiti precedenti, spostano il traguardo della pensione sempre un po’ più in là.

La mobilitazione sindacale è già cominciata con alcune manifestazioni sotto i ministeri e ci proponiamo di continuare per tutto il tempo che servirà. Oggi le possibilità per raggiungere l’agognata pensione sono sostanzialmente due: di vecchiaia e anticipata. Con la prima si può andare a riposo al raggiungimento di una certa età, che nel 2015 è di 63 anni e 9 mesi per le donne dipendenti private, un anno in più per le autonome, 66 anni e 3 mesi per gli uomini dipendenti privati, pubblici e autonomi, idem per dipendenti uomini e donne del pubblico impiego; per andare in pensione di vecchiaia occorre aver raggiunto un minimo di 20 anni di anzianità contributiva.

L’età del pensionamento aumenterà nei prossimi anni, perché ai limiti anagrafici indicati verrà aggiunta la “speranza di vita” che per il triennio 2016-2018 è già stabilita in 4 mesi aggiuntivi. In più, per le donne, ci sarà un’ulteriore inasprimento, perché le lavoratrici, a partire dal 1° gennaio 2016, potranno andare in pensione di vecchiaia solo al compimento di 65 anni e 7 mesi, se dipendenti private, a 66 anni e un mese se autonome; e questo ulteriore balzo in avanti non è facilmente raggiungibile.

Un’altra tipologia diffusa è rappresentata dalla pensione anticipata, alla quale si può accedere al raggiungimento di un determinato requisito contributivo, che per il 2015 ammonta a 41anni e 6 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 6 mesi per gli uomini. Il prossimo anno, a questo requisito, saranno aggiunti ulteriori 4 mesi di “speranza di vita”, spostando ancora più in su l’asticella. La legge di stabilità dello scorso anno ha abolito la penalizzazione per coloro che, accedendo alla pensione anticipata in possesso del requisito contributivo, erano sprovvisti del requisito dell’età che la legge Fornero aveva a suo tempo stabilito. Fino al 31 dicembre 2017 si potrà conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento del solo requisito contributivo sopra esposto, ed è utile ricordare che nelle intenzioni del legislatore, a partire dal 1° gennaio 2018, le penalizzazioni legate all’età saranno reintrodotte. Quindi, chi si trova in tali situazioni è utile che faccia i propri calcoli per decidere al meglio. Una visita al patronato è consigliabile per avere tutte le informazioni necessarie.
 

 

Per le lavoratrici, ma fino alla fine dell’anno in corso, vi è la possibilità di accedere alla pensione attraverso la cosiddetta “opzione donna”, attraverso la quale si ottiene la pensione con il calcolo interamente contributivo, che riduce notevolmente l’importo pensionistico, sempreché entro la fine del 2015 si sia in possesso dei requisiti congiunti di 57 anni e 3 mesi di età e 35 anni di contributi, se dipendenti private, oppure 58 anni e 3 mesi di età e 35 anni di contributi, se lavoratrici autonome, cui si aggiungono ulteriori 12 mesi di attesa (cosiddetta “finestra mobile”).

Nonostante la penalizzazione economica, di circa il 30% dell’assegno, che si ripercuote per tutto l’arco della vita, le donne negli ultimi anni hanno utilizzato questa possibilità in misura significativa, anche perché è rimasta l’unica scappatoia. Ne hanno usufruito soprattutto le lavoratrici che, per effetto della crisi economica, hanno perso il lavoro e che avevano scarsissime probabilità di rioccuparsi; oppure le tante donne che si sono trovate a dover fare i conti con le necessità familiari di conciliazione dei tempi di cura e di lavoro, oppure chi, per problemi di salute, non ce la fa più a continuare l’attività.

Come Cgil e come Inca, abbiamo chiesto al ministro del Lavoro di prevedere un prolungamento di tale opzione anche dopo il 2015, perché, anche se penalizzante sul piano economico, è rimasta l’unica possibilità di uscita anticipata. Non solo. Al ministro Poletti e al presidente Renzi abbiamo sottoposto la necessità di arrivare a una soluzione strutturale per gli oltre 50.000 esodati che non sono riusciti a rientrare nelle 6 leggi di salvaguardia varate dal 2012 a oggi; infine, una possibilità di uscita per i lavoratori precoci, che hanno cominciato a lavorare in giovane età e cioè prima dei 18 anni, che, con le regole attuali, dovranno maturare tantissimi anni di contributi prima della pensione.

Abbiamo presentato proposte anche per mitigare l’effetto dell’aumento dell’età anagrafica dovuto all’indice della speranza di vita sulle categorie dei lavoratori che fanno mestieri usuranti e faticosi, perché le statistiche ci dicono che non si è tutti uguali, il reddito e il tipo di lavoro svolto incidono notevolmente sulle possibilità di sopravvivenza, mentre – unitariamente con Cisl e Uil – abbiamo proposto che venga reinserita una possibilità di uscita anticipata dal lavoro con un mix tra età e contributi, senza eccessive penalizzazioni, che possa dare, attraverso una norma flessibile, una via d’uscita a coloro che per necessità o per scelta non sono più in grado di aspettare.

Dal governo e dal presidente dell’Inps si rincorrono voci sempre diverse e ipotesi in continuo cambiamento, che disorientano ancora di più i lavoratori e le lavoratrici e fanno temere anche ai pensionati l’introduzione di peggioramenti della loro condizione. Nelle prossime settimane partiranno i confronti con le organizzazioni sindacali e ci auguriamo che si vogliano trovare le risorse per rendere possibili i cambiamenti richiesti. Il patronato Inca ritiene più utile concentrare le risorse disponibili su pensioni e lavoro, che sono in grado di mettere in moto spinte sociali ed economiche positive, anziché su ennesime e poco risolutive modifiche alle tasse sulla casa.

* Collegio di Presidenza Inca Cgil