Il governo di Matteo Renzi non può incolpare i “gufi” e i “criticoni” se le ultime statistiche sull’Europa e sull’Italia dimostrano che l’economia nazionale e quella dell’eurozona continuano a restare depresse. L’Europa, l’Italia e perfino la Germania crescono dello zero virgola. È questa la ripresa? Nonostante le roboanti promesse di Renzi, se non si cambierà radicalmente politica, se non si uscirà dalla trappola della liquidità, la crisi continuerà ancora per parecchi anni. E anzi potrebbe addirittura precipitare.

Occorre rilanciare subito la domanda, i consumi, gli investimenti, l’occupazione: e occorre rimettere in circolazione l’enorme quantità di moneta intrappolata nei circuiti bancari e finanziari. Il ritornello però è che abbiamo troppi debiti per poterci permettere il lusso di fare politiche keynesiane espansive. E che le politiche europee basate sull’austerità impediscono di rilanciare la domanda interna.

Proprio con il fine di far crescere l’economia, pur rispettando i vincoli europei e di bilancio pubblico, alcuni economisti – tra i quali Luciano Gallino, Marco Cattaneo, Biagio Bossone e il sottoscritto (1) – hanno lanciato un progetto per la moneta fiscale (vedi l’eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall’austerità senza spaccare l’euro”). I promotori sostengono infatti che il Parlamento e il governo italiano dovrebbero decidere di mutare rotta con l’emissione e la distribuzione gratuita, ma mirata, di titoli fiscali che funzionino come moneta. Grazie alla moneta fiscale, l’economia e l’occupazione si risolleverebbero rapidamente, insieme ai redditi dei lavoratori. Dentro l’euro, ma anche oltre l’euro.

La crisi europea e della Grecia. L’eurozona è da troppi anni il malato del mondo. È evidente che le politiche di austerità avviate in Europa aggravano la crisi, e che l’architettura su cui si fonda la moneta unica è rigida, porta alla deflazione, se non alla depressione.  Da troppi anni in molti paesi europei, tra cui l’Italia, si assiste a fenomeni drammatici, come la deindustrializzazione, la disoccupazione di massa, l’aumento del debito pubblico. La moneta unica aumenta le asimmetrie: l’Europa si sta drammaticamente dividendo tra paesi di serie A e paesi di serie B.

A tal riguardo, la dolorosa vicenda greca mostra ormai chiaramente che la questione della moneta unica costituisce il problema principale dell’Europa. Finora in Italia tutti i governi – Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi – hanno seguito i diktat dell’Ue, della Merkel e della Bce – vedi la famosa lettera del 2011, che imponeva modifiche costituzionali, pareggio di bilancio, riduzione della spesa pubblica e del welfare, blocco dei contratti pubblici, il sacrificio della contrattazione nazionale a favore di quella aziendale ecc. –. Ma “l’austerità espansiva” promossa dal liberismo e dai monetaristi ci ha cacciato in una crisi senza fine. Occorre una svolta decisa.

La proposta di moneta fiscale. È urgente trovare una via di uscita. La proposta di moneta fiscale è al contempo innovativa, semplice ed efficace. Essa si propone che lo Stato italiano, e possibilmente anche gli Stati periferici dell’eurozona, emettano Certificati di credito fiscale, ovvero titoli utilizzabili dopo due anni per ridurre i pagamenti di tasse e compensare qualsiasi forma di obbligazione finanziaria verso la pubblica amministrazione (tariffe, multe ecc.).

I Ccf verrebbero distribuiti in maniera completamente gratuita alle famiglie e ai lavoratori, in proporzione inversa al loro reddito e alle aziende, in proporzione al numero dei dipendenti e come incentivo a nuove assunzioni. Non solo. I Ccf potrebbero essere usati dalla pubblica amministrazione come mezzo di pagamento per finanziare servizi di pubblica utilità. Sul piano puramente tecnico i titoli/moneta che proponiamo potrebbero essere emessi nel giro di una sola settimana, come i Bot. Come qualsiasi altro titolo di stato, i Ccf sarebbero negoziabili sul mercato finanziario, e quindi, proprio come i Bot e i Btp, potrebbero essere trasformati immediatamente in euro.

Non c’è dubbio che, così come esiste il mercato dei Bot e dei Btp, si svilupperebbe anche il mercato dei Ccf: gran parte dei lavoratori e delle aziende in difficoltà venderebbero subito i Ccf ricevuti gratuitamente per ottenere euro in modo da poter sopravvivere nella crisi; mentre la parte più ricca e dotata patrimonialmente dei contribuenti e delle aziende acquisterebbe a sconto i Ccf in modo da pagare meno tasse alla loro maturazione (a partire dal terzo anno dall’emissione).

Le banche funzionerebbero da intermediari di mercato, e lo sconto al quale sarebbero venduti i Ccf sarebbe contenuto (i Ccf sono titoli a breve termine e sono sicuri, a prova di default, essendo completamente garantiti per il pagamento delle tasse). Il progetto prevede l’emissione di certificati fino a 200 miliardi in tre anni. Una scossa salutare per risollevare l’economia italiana. Grazie alla diffusione gratuita di titoli/moneta per decine di miliardi, aumenterebbe il potere d’acquisto delle famiglie, crescerebbero i consumi e gli investimenti delle aziende. I miliardi di euro attualmente congelati nel sistema bancario e finanziario, verrebbero immessi nell’economia reale, e rimetterebbero in funzione i fattori produttivi oggi fortemente sottoutilizzati proprio per mancanza di liquidità.

Non dimentichiamo che in poco più di cinque anni, a causa delle politiche di austerità e della rigidità dell’euro, la produzione industriale è calata del 25%, gli investimenti del 30% e che il reddito medio delle famiglie è pari a quello dei primi anni novanta. Per questo proponiamo di dare 200 euro mensili di certificati di credito fiscale a un lavoratore che guadagna 1.200 euro al mese. Anche per tale motivo il recente Forum dell’economia della Cgil ha accolto con grande interesse la nostra proposta.

I Ccf verrebbero inoltre distribuiti gratuitamente alle aziende in proporzione al numero dei dipendenti per diminuire il cuneo fiscale e quindi il costo del lavoro: le imprese nazionali diventerebbero così più competitive con l’estero senza squilibrare la bilancia commerciale. Oltre a questo, i Certificati di credito fiscale si trasformerebbero anche in un mezzo di pagamento per la pubblica amministrazione e finalmente si potrebbe fare una politica pubblica espansiva, senza soffocare i comuni, la sanità e l’istruzione. Ma la nuova moneta fiscale per pagare i lavori pubblici non creerebbe debito, perché si autofinanzierebbe.

Come del resto insegna Keynes, grazie al moltiplicatore del reddito aumenterebbe il Pil e aumenterebbero conseguentemente i ricavi fiscali, così da coprire il deficit pubblico, che altrimenti si produrrebbe alla scadenza dei Cccf. Nei primi due anni si verificherebbe inoltre un surplus di bilancio pubblico. In questo modo, i mercati finanziari potrebbero immediatamente “toccare con mano” che la manovra basata sui Ccf riporta in equilibrio i conti pubblici e allontana lo spettro del default. I creditori internazionali e nazionali avrebbero la garanzia del rientro dei loro crediti. La manovra dei Ccf potrebbe sottrarci dal ricatto dei mercati finanziari.

Essendo basata su titoli fiscali, la manovra è ovviamente in linea con i Trattati europei, perché in campo fiscale ogni Stato è per fortuna ancora completamente sovrano. Inoltre, i Certificati di credito fiscale, essendo dei semplici titoli di Stato, non metterebbero per nulla in discussione il monopolio della Bce sulla moneta unica. L’euro rimarrebbe ovviamente l’unica moneta legale e di denominazione. 

La moneta fiscale per la democrazia. La valenza di questo progetto è profondamente democratica, potendo solamente il Parlamento e il governo italiano decidere autonomamente di avviarne la manovra. La moneta fiscale, rispettando già i vigenti Trattati europei, può essere introdotta senza avere l’obbligo di ottenere l’autorizzazione delle istituzioni europee e di Berlino. Si potrebbe così uscire dalla crisi dell’euro senza però uscire dall’euro: infatti, l’uscita unilaterale sarebbe quasi certamente disastrosa e dividerebbe il popolo italiano.

Si tratta di ridare fiato alla democrazia grazie a una manovra che riscuoterebbe sicuramente l’adesione convinta della maggioranza della società e del mondo produttivo (lavoratori e aziende) e riporterebbe l’economia sulla strada della crescita e della piena occupazione. In questo senso, il ruolo delle forze sociali e del sindacato potrebbe essere decisivo.

(1) I promotori dell’appello sulla moneta fiscale sono: Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini, Maria Luisa Bianco, Massimo Costa, Stefano Lucarelli, Guido Ortona, Tonino Perna.