Secondo Matteo Renzi l'economia italiana sta crescendo e l'occupazione è tornata a salire, “ma Il presidente del Consiglio è straordinario nell'inventare espedienti mediatici. Stavolta utilizza di nuovo una definizione populistica per nascondere il più possibile i dati. Eppure basta guardare i numeri per capire che dopo tanti miliardi spesi per stimolare gli investimenti e creare posti di lavoro, abbiamo una crescita di appena lo 0,1 alla fine del 2015, che si traduce in uno 0,6 in tutto l'anno. E' la crescita più bassa di tutta l'Unione Europea”. A dirlo ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1 è  Riccardo Sanna responsabile dell'area politiche dello sviluppo per la Cgil.

“In Italia – continua Sanna - abbiamo ottenuto solo una manciata di posti lavoro in più. Che sono sempre importanti, ma decisamente molto pochi rispetto a tutti i soldi che abbiamo speso finora. Guardando ai dati Inps di gennaio è evidente che si tratta di occupazioni legate agli incentivi. Appena si riducono gli incentivi, infatti, cala immediatamente anche il numero degli occupati. Per l'Inps sono calati del 40%, mentre secondo l'Istat, 7 miliardi e mezzo di incentivi hanno prodotto appena 100.000 posti di lavoro in più. All'appello ne mancano ancora un milione e seicentomila dall'inizio della crisi”.  

L'Italia, però, secondo il responsabile dell'area politiche dello sviluppo del sindacato di corso d'Italia, resta ancora un paese importante nella geografia europea. “Perché siamo ancora il secondo paese manifatturiero, il secondo paese esportatore dopo la Germania e, malgrado tutto, abbiamo raggiunto un livello piuttosto alto tra i principali paesi industrializzati. Il problema, però, non è il livello raggiunto, ma mantenere quel livello e dare un contributo all'economia mondiale ed europea. Se guardiamo ai disoccupati, ai nuovi poveri e alla riduzione del welfare, ci rendiamo però conto che stiamo in un declino sempre più spinto, mentre i nostri giovani se ne vanno all'estero perché non trovano qui un posto di lavoro. I nostri giovani, oggi, hanno uno stile di vita diverso rispetto ai loro genitori e l'economia italiana ha un ruolo sempre più marginale nel complesso della dinamica della crescita e dello sviluppo europeo”.  

Tra l'altro, il paese è tornato in deflazione, i prezzi sono di nuovo in calo dopo 9 mesi. Ma questo, per Sanna, “è il combinato disposto di diversi fattori”. Il primo fattore ad incidere è il “rallentamento dell'economia mondiale, che interessa tutti e che chiama l'Europa a giocare un ruolo diverso”. Poi c'è “la caduta strutturale del prezzo del petrolio che si trasferisce immediatamente sui prezzi al consumo delle famiglie”, oltre al calo progressivo della spesa “dovuto ai tagli lineari che gli ultimi governi hanno messo in atto”. Infine incide “la tenue spinta dei consumi”, perché “l'unica cosa che regge l'economia italiana sono i consumi”. I consumi, però, “non ce la fanno a sostenere i prezzi rispetto alle dinamiche congiunturali e internazionali. Per questo motivo registriamo un -0,2% sul mese di febbraio e -0,3% rispetto a un anno fa”. Siamo quindi di fronte “a una deflazione piena, una brutta bestia perché aumenta il debito pubblico e crea sfiducia che ricade sull'occupazione”. Insomma, è la deflazione “il nemico da combattere oggi”.  

Finora il governo ha elargito miliardi e miliardi alle imprese perché investissero, ma, conclude Sanna, “tra deflazione e prezzi negativi le imprese non investono. Il problema è che gli investimenti privati aumentano solo se aumentano gli investimenti pubblici. Quindi bisogna cambiare linea, serve cioè un politica espansiva. L'intervento pubblico deve essere diverso da quello che è stato fatto finora da questo governo. Bisogna creare lavoro buono. Noi lo stiamo dicendo come Cgil attraverso la Carta dei diritti, attraverso la nostra intesa unitaria sulle relazione industriali, e attraverso il Piano del lavoro.”