Umbria, Marche, Toscana, insieme a Lazio e Abruzzo. E’ “l’Italia di mezzo”, una parte consistente dal Paese che condivide potenzialità e caratteristiche importanti. Da questa area può partire un progetto di rilancio economico, sociale e culturale per l’intero paese che poggi le sue fondamenta su un organico Piano del Lavoro. E’ questa la proposta della Cgil che oggi a Perugia, in un teatro Pavone completamente gremito, ha riunito le sue strutture sindacali di Umbria Marche e Toscana, presenti con i tre segretari generali (Bravi, Ghiselli e Gramolati) e i rappresentanti istituzionali di queste stesse realtà territoriali (la presidente Marini per l’Umbria, il presidente Rossi per la Toscana e il vicepresidente delle Marche Canzian), insieme al segretario generale della Cgil nazionale Susanna Camusso.

L’analisi della situazione, dati alla mano, l’ha offerta l’Ires Cgil (presente con Cerfeda, Batazzi e Bortolotti), descrivendo il quadro congiunturale e quello (più preoccupante) strutturale nelle tre regioni. I segnali di inversione di tendenza, che pure esistono, sono contraddittori e soprattutto non riguardano l’occupazione e di conseguenza i consumi interni, con una ricaduta evidente sulla domanda in quello che è il circolo vizioso alla base della crisi. Dunque, una “crisi dopo la crisi” per usare le parole dei ricercatori Ires, a fronte della quale non si vede però una risposta all’altezza da parte delle istituzioni (continua a latitare una politica industriale nazionale).

Se questo è il quadro di partenza, le Cgil (quella nazionale e quelle delle tre regioni di mezzo) rilanciano con forza l’idea di un Piano del Lavoro che “rompa la gabbia dell’austerità” e arresti la drammatica emorragia occupazionale in atto (in Umbria su 900mila abitanti circa 130mila vivono una situazione di forte sofferenza occupazionale). E ragionare a livello interregionale, valorizzando quelle potenzialità comuni ad aree limitrofe e per certi versi simili, può rappresentare un valore aggiunto. “Un territorio di cerniera”, non solo sull’asse nord-sud, ma su quello, così importante per l’Europa, est-ovest. “E’ l’Italia di mezzo – secondo la Cgil - che può far dialogare il Mediterraneo”.

Ma quali sono questi elementi che uniscono l’Italia di mezzo al di là della semplice geografia? infrastrutture (su tutte la Fano-Grosseto e la Perugia-Ancona), ambiente, territorio, patrimonio agroalimentare, cultura, eccellenze universitarie, ma anche welfare e sistema manifatturiero: è a partire da qui che, secondo la Cgil, è possibile dare un contributo al paese per uscire dalla crisi. E, in questa ottica, i fondi europei rappresentano un’occasione importante, purché si assuma la logica che “da soli non possono essere sufficienti” e che “non basta spendere le risorse (magari con finanziamenti a pioggia alle imprese), ma occorre spenderle bene, puntando alla creazione di lavoro stabile e dignitoso”.

"Questa è una zona d'Italia che sarebbe ricchissima di proprie risorse da quelle culturali a quelle agricole, a quelle del tessuto industriale e c'è bisogno di uno scatto che noi chiamiamo appunto Piano del lavoro, cioè concentrare sulla creazione dell'occupazione tutte le risorse possibili”: qui sta il fulcro della proposta della Cgil, avanzata da Susanna Camusso e rispetto alla quale, nei loro interventi, i presidenti di Umbria e Toscana e il vicepresidente della Marche hanno dimostrato sensibilità e condivisione. Imporre nel dibattito, tra questione meridionale e questione settentrionale, una “questione politica dell’Italia di Mezzo”, a partire dal lavoro e dagli investimenti pubblici, è un obiettivo comune di sindacato e istituzioni.

Tra le proposte specifiche avanzate da Camusso, c’è in primo luogo quella sulla valorizzazione del patrimonio culturale e del sistema universitario di questa area, con le sue eccellenze: “Si può chiedere a queste università di provare a tradurre in progetti alcune idee su ciò che si può fare nell’Italia di mezzo?”, si è chiesta Camusso. E farlo ragionando di “specializzazioni e di elementi trainanti”. Serve, insomma, secondo il segretario Cgil, un sistema universitario “che si parli e che provi a mettere sul tavolo nuove idee”.

L’altro nodo è quello del lavoro di qualità, da contrapporre a quel “mondo di lavoretti” che per le nuove generazioni è tanto dannoso quanto la disoccupazione. “Qui siamo in una parte d’Italia che da sempre ha avuto nella coesione sociale una sua caratteristica fondamentale – ha osservato Camusso – e da qui potrebbe partire un messaggio sull’importanza della qualità del lavoro come antidoto alla crisi”. Dunque, un diverso modo di gestire gli appalti, ma anche un percorso di possibili reinternalizzazioni di servizi, visto che la continua flessibilizzazione del lavoro e la “perdita di senso del diritto” comporta una crescita massiccia dell’illegalità e del lavoro nero, come confermato proprio oggi dall’Inps. Da questo punto di vista, il settore della logistica è secondo Camusso emblematico.

Dunque, in conclusione, secondo la Cgil l’Italia di mezzo che propone un’idea di sviluppo all’Italia non deve guardare a “un nuovo nord-est”, ma piuttosto ad un modello fondato sulla coesione sociale, sugli investimenti pubblici (“non è reato parlarne”, ha ironizzato Camusso) e sul buon lavoro. Su questi temi e sugli impegni chiesti alle Regioni Camusso, in chiusura di iniziativa, ha proposto un nuovo appuntamento per l’autunno, nel quale proseguire il confronto con gli attori dell’Italia di Mezzo e valutare la disponibilità delle istituzioni a percorrere insieme la strada tracciata nel Piano del Lavoro.