“L'incontro di venerdì prossimo (20 febbraio, ndr) è l'ultima spiaggia. Il fallimento definitivo della trattativa tra Atene e Eurogruppo sarebbe un disastro sociale e scatenerebbe anche nuove turbolenze sui mercati, peraltro già in agitazione dopo lo stallo di ieri. Qui si sta mettendo a rischio la tenuta complessiva del sistema Grecia con un effetto trascinamento su altri paesi. È una spirale negativa che va evitata in ogni modo”. Così Fausto Durante, responsabile del Segretariato Europa Cgil, sul negoziato in corso tra Atene e Bruxelles.

Rassegna Perché ieri non si è arrivati all'accordo? Di chi è, se c'è, la responsabilità?

Durante La Commissione continua a mancare di coraggio e a subire in modo passivo le posizioni del governo tedesco. Ieri era possibile arrivare al compromesso, ci aveva lavorato bene il commissario Moscovici insieme al governo greco. L'idea era una estensione temporale degli aiuti rivedendo le clausole, per consentire nuovi margini di flessibilità. Due condizioni poste da Atene sulla base del voto popolare che chiede al governo Tsipras di battersi per questo.

Rassegna Poi cosa è successo?

Durante Che l'accordo di massima raggiunto tra Atene e Moscovici, il quale in teoria rappresenta l'Europa, è stato stracciato per volere del ministro delle finanze tedesco. Tutto questo è davvero inaccettabile. La rigida chiusura di Berlino può condizionare anche la riunione di venerdì prossimo, l'ultima utile dell'Eurogruppo. C'è da augurarsi che entro quel giorno si faccia qualche passo avanti.

Rassegna È vero che anche altri paesi cosiddetti Pigs sono contro Atene in questo momento?

Durante Purtroppo stiamo assistendo al tentativo da parte tedesca di mettere gli uni contro gli altri i paesi che si oppongono all'austerità. Io credo che riaprire i vincoli per la Grecia è invece l'unico modo per aiutare tutti i paesi in difficoltà e per ottenere ulteriori margini in futuro. Davvero questa è l'occasione per rivedere le politiche della Troika e non vale non solo per la Grecia. È la cartina di tornasole per verificare se i vertici Ue intendono rimanere prigionieri di una logica recessiva che sta portando al disastro sociale.

Rassegna Intanto i greci sono col fiato sospeso. È quasi certo che senza l'accordo non ci saranno i soldi per pagare stipendi e pensioni a fine febbraio...

Durante Tutti sanno bene che i conti pubblici di Atene dipendono da questo, Tsipras non nega certo l'emergenza. C'è la richiesta, da parte sua, di rinegoziare i termini, di reinterpretare le clausole per la concessione dei prestiti, per evitare che ci siano ogni volta i ricatti della mancanza di liquidità. Su questo punto Tsipras insiste molto, forte del mandato popolare. Ripeto: non si sta rifiutando di pagare, sta chiedendo più flessibilità. Un popolo non può essere libero se vive sotto il ricatto degli stipendi.

Rassegna Qual è la posizione della Ces, la confederazione europea dei sindacati?

Durante Si è già espressa per aiutare il governo greco, come del resto la Cgil che ha partecipato a tutte le iniziative, compresa quella di sabato scorso. Da registrare c'è anche la presa di posizione del sindacato tedesco, molta significativa per il senso di solidarietà sociale che ha dimostrato. Noi siamo per la rinegoziazione degli accordi complessivi in direzione dell'elasticità, e più in generale per superare il paradigma culturale che sta alla base delle politiche della Troika.

Rassegna Un'ultima domanda. Che fine ha fatto il piano Juncker, quello degli investimenti europei?

Durante Finalmente è stato incardinarto l'iter legislativo. Ma resta il fatto che, sinora, è solo stato messo all'ordine del giorno dei lavori in Parlamento. Il piano è circa otto volte inferiore per investimenti a quello seconodo noi necessario, non prevede stanziamenti di denaro fresco ma raccatta qua e là residui di bilancio. E soprattutto si basa su un vero mistero contabile, prevedendo un effetto moltiplicatore secondo cui ogni miliardo di investimenti ne genererà 315 nell'arco durata del piano. Quello che diciamo a Parlamento e Commissione è questo: è un primo passo, meglio di niente, quindi apriamo un confronto vero tra le parti sociali su scala europea, noi con il nostro piano, la Commissione con il suo e in mezzo il Parlamento. Chiediamo e sosteniamo un negoziato con tutti, non escludendo nuove giornate di mobilitazione se fosse necessario.