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Il governo presenta la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, rivede in peggio le stime ma conferma le “politiche sbagliate”. E' quanto afferma il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, che aggiunge: “Leggendo l'impostazione dell'aggiornamento del Def 2014, che sarà alla base della prossima Legge di stabilità, non si sa se ridere o piangere. Infatti, da una parte si ammette che il Governo ha sottovalutato prima i rischi e oggi la realtà della deflazione, dall'altra che ha sopravvalutato l'effetto economico delle cosiddette riforme strutturali, sia del governo Monti che dell'attuale. Inoltre rincara sostenendo che si è anche sottovalutata la strutturalità e la portata globale della crisi, sopravvalutando la possibilità delle esportazioni di far crescere il Pil”.
“Si porta come attenuante - prosegue il dirigente sindacale - quella che è in realtà un'aggravante: e cioè che tutti gli organismi internazionali di previsione economica hanno fatto gli stessi errori. Qual è la conclusione di tale autocritica? Confermare e lasciare sostanzialmente le cose come prima. Si prevede, infatti, di ridurre sia la spesa che gli investimenti pubblici per i prossimi anni, sostenendo però che aumenteranno (non si capisce perché) gli investimenti privati nonostante i consumi non ripartiranno”.
“Tutto diventa chiaro nelle previsioni dell'occupazione del futuro - continua Barbi -. Il governo continua per un verso a sopravvalutare la crescita prossima (la progressione del Pil sarà: +0,6% nel 2015, +1% nel 2016, +1,3% nel 2017, +1,4% nel 2018) ma, quando si arriva alle ipotesi dell'occupazione tutto diventa drammaticamente più chiaro. Di fatti, nonostante questo ottimismo ingiustificato, si prevede comunque una disoccupazione al 2018 pari all11,2% con quella giovanile che corrisponde al 40%. Il governo quindi sta pensando che la disoccupazione rimarrà comunque altissima per diversi anni. È sempre più chiara la prima ragione alla base della manifestazione della Cgil in programma sabato 25 ottobre a Roma in piazza San Giovanni: serve un piano straordinario di creazione di lavoro finanziato da una patrimoniale sulle ricchezze finanziarie e parallelamente investimenti pubblici per una nuova politica industriale”, conclude Barbi.