Sciopero nazionale oggi (giovedì 20 aprile) dei dipendenti Ericsson contro i 354 licenziamenti annunciati dalla multinazionale svedese. Lo stop sarà accompagnato da presìdi a Roma, Genova, Napoli e Palermo. Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni rimarcano come il gruppo “stia portando avanti la quattordicesima procedura di licenziamento collettivo”. Una politica aziendale di tagli che a Genova, ad esempio, dove sono previsti 61 licenziamenti, negli anni “ha visto scendere i lavoratori da 1.200 unità a meno di 600”.

"Pensare di governare la trasformazione pur necessaria di un’azienda, a seguito anche della perdita di alcune commesse, a colpi di licenziamenti collettivi non è solo inaccettabile, ma improponibile" commenta in una nota la segreteria nazionale Slc Cgil: "Soprattutto se questo avviene in una grande multinazionale che opera in un settore ad alto valore aggiunto, e comunque in forte espansione, in un paese che rappresenta il quarto fatturato al mondo della compagnia stessa, presente in Italia da oltre 100 anni".

Nei prossimi giorni i sindacati avvieranno una ricognizione con le istituzioni locali (Regioni e Comuni; ci sono realtà che rischiano di sparire, com'è già successo a Pisa) e rinnoveranno la richiesta al ministero dello Sviluppo economico "per un coinvolgimento dello stesso dicastero, che non può non tener conto del fatto che parti importanti della produzione, ricerca e sviluppo nel settore delle telecomunicazioni creano ricchezza e occupazione altrove, mentre in Italia licenziano".

I sindacati chiedono alla Ericsson di “rendere noto il proprio piano industriale, chiarendo una volta per tutte qual è la sua idea di sviluppo e quali le ricadute occupazionali e produttive sui territori che la ospitano”. Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni rimarcano come “l’azienda neghi di attraversare una crisi: lo dimostri allora nei fatti con un’inversione di tendenza, ossia con un piano industriale volto allo sviluppo e non agli esuberi”.

Nel primo incontro tra azienda e sindacati sulla questione dei licenziamenti, avvenuto il 23 marzo scorso a Roma presso la sede di Unindustria, la multinazionale ha confermato la necessità di tagli “strutturali”, motivandoli con ragioni di “trasformazione” aziendale e perdita d’importanti commesse. L’azienda ha anche rifiutato sia ogni richiesta d’incontro al ministero dello Sviluppo economico sia l’utilizzo di ammortizzatori sociali.

I sindacati fanno notare che “non si è più in presenza di una fisiologica taratura degli organici. Quando un’azienda ogni anno apre le procedure di licenziamento collettivo per svariate centinaia di persone, chiama decine e decine di consulenti per svolgere mansioni analoghe a quelle fatte internamente, non riesce a riposizionare la propria forza lavoro pur avendone la visibilità e il tempo, non si può negare la crisi”. Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni sottolineano, infine, che la multinazionale “ha a disposizione un management così pletorico che nel tempo cresce per effetto dei licenziamenti: un dirigente ogni dieci impiegati e quadri”.