“Il giudizio sul decreto Dignità è di una netta insufficienza perché non ridisegna in profondità le regole del mercato del lavoro, pur contenendo misure interessanti e condivisibili a partire dall’intervento sui tempi determinati". A dirlo è il segretario della Cgil Toscana Mirko Lami, sollecitando il governo nazionale a "mettere in campo una proposta più forte che parta dagli investimenti per creare occupazione, dal sostegno agli ammortizzatori sociali per affrontare l’enorme problema sociale determinato dalla crisi, dal rilancio e dagli investimenti sulle politiche attive del lavoro, sostenute da un organico disegno di contrasto alla precarietà, onde evitare che le pur positive misure sul tempo determinato ne spostino il peso su forme ancora meno tutelate e ampiamente abusate, come tirocini e false partite Iva, e incrementino il ricorso al lavoro intermittente o al lavoro autonomo tout court".

La Cgil Toscana poi è nettamente contraria all’inserimento nel decreto "dei voucher in agricoltura e nel turismo, settori importanti per l’economia regionale, che hanno una varietà di contratti che possono essere utilizzati senza andare a scapito delle protezioni che servono a tutelare i bisogni primari dei lavoratori". Lami sottolinea che servono "misure per contrastare il precariato, ed è condivisibile che si passi alla riduzione del limite massimo previsto nei contratti a termine dai 36 mesi ai 24, così come il numero delle proroghe possibili da 5 a 4. La Cgil chiede con forza che sia mantenuta a 24 mesi la durata massima dei contratti a tempo determinato e che la causale sia obbligatoria fin dal primo contratto".

Il segretario toscana rimarca anche "il dato toscano delle trasformazioni dei tempi determinati, ivi compresi gli apprendisti, ci dice che l'allarme lanciato da Confindustria non è giustificato. Sono state 35.996 nel 2015, 24.389 nel 2016, 17.738 nel 2017, le mancate trasformazioni degli apprendisti gridano vendetta. Sono dati che ci raccontano di aziende che hanno messo a sistema la precarietà, assumono, ‘licenziano’ e riassumono, il saldo da quando c’è un po' di ripresa è pure positivo. Se così è, questo dimostrano i dati, il decreto dignità al massimo anticiperà di qualche mese licenziamenti e riassunzioni. Forse sarebbe il caso di subordinare gli incentivi alle imprese, mirati e non a pioggia, a controlli su posizioni e mansioni dei lavoratori nelle aziende, perché se certe posizioni sono strutturali, non dovrebbero essere coperte con contratti a tempo determinato, avvicendando lavoratori sempre nuovi nella stessa posizione”.