La Cgil apre con la Regione e con l’Anci la vertenza casa-territorio-ambiente, con una piattaforma rivendicativa che mette assieme i temi dell’abitare, quelli della salvaguardia del territorio e quelli del lavoro. L’iniziativa è stata lanciata oggi a Catania nel corso del convegno:  “Consumo di suolo zero - Lavoro, sviluppo e rilancio dei centri storici, delle periferie e delle aree urbane”.

“In un contesto critico come quello siciliano – ha detto il segretario generale della Cgil regionale, Michele Pagliaro – la questione dell’abitare assume un significato particolare. Sotto una stessa voce ci sono infatti un diritto fondamentale, l’impulso che una politica adeguata può dare a un settore anticiclico come l’edilizia, la tutela e la salvaguardia del territorio con tutto ciò che può significare in termini di occupazione”. Per questo, ha sottolineato il sindacalista, “puntiamo a una contrattazione multilivello su questi temi, mirando allo sviluppo e al rilancio dei centri storici, delle periferie e delle aree urbane e contemporaneamente a ridurre il consumo del suolo, attivando anzi processi di rigenerazione”.

Secondo i dati forniti da Salvatore Lo Balbo, responsabile del dipartimento territorio della Cgil Sicilia, nella relazione di apertura, la Sicilia è una delle regioni che con un +7,18% ha contribuito di più al consumo di suolo. In generale, in Italia, dal 1950 al 2011 la popolazione è cresciuta del 28%, ma la cementificazione del 166%. “Nonostante questo – ha rilevato – ci sono milioni di persone, anziani, giovani, famiglie, per cui la casa e un abitare dignitoso non sono garantiti”. Lo Balbo ha detto che “in Sicilia 130 mila degli oltre 1,7 milioni di edifici a uso abitativo sono vuoti o inutilizzati. Ad essi vanno aggiunti gli immobili pubblici oggi ampiamente sottoutilizzati”. In questo contesto l’obiettivo, per la Cgil, deve essere “far rivivere i centri storici e recuperare le periferie con l’adozione di provvedimenti adeguati affinché non si continui a consumare suolo, a lasciare abbandonati immobili pubblici e privati ma anche a non utilizzare l’immenso patrimonio immobiliare sequestrato o confiscato alle mafie”.

Al dicembre 2015 i beni immobili confiscati in via definitiva risultano essere, secondo i dati del ministero della Giustizia, 5.000 e 153.397 i beni e beni immobili sequestrati, esclusi i terreni. Il 50% di questi è in Sicilia. “Quella dei beni confiscati – ha rilevato Pagliaro – è una partita che si scontra con un quadro normativo piegato sul diritto fallimentare col risultato dell’allungarsi infinito dei tempi tra sequestro e assegnazione che fa passare il messaggio che lo Stato non riesce a gestire questi immobili. Questo non è accettabile”.

La Cgil propone che, “visto il complessivo fallimento gestionale, il patrimonio immobiliare sottratto alla mafia venga gestito tramite gli ex Iacp o le società immobiliari pubbliche creando una sinergia operativa tra gli uffici misure di prevenzione dei tribunali e l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc)”. Ma anche l’accelerazione e l’incremento delle attività di ristrutturazione, rigenerazione ed efficienza energetica del patrimonio immobiliare pubblico e dei quartieri relativi. L’incremento di offerta di case popolari, per il sindacato, oltre che attraverso i beni confiscati, può essere ottenuto con l’acquisizione di immobili sul mercato.

La Cgil sollecita inoltre piani di decementificazione di tutte le aree sensibili e fragili del territorio. Pagliaro ha ricordato che “in Sicilia  ogni anno si contano 34 mila frane di cui 22 mila attive, che richiamano all’esigenza di interventi di salvaguardia del territorio”. “La Sicilia – ha aggiunto il segretario della Cgil – ha un enorme patrimonio di risorse umane, dai forestali ai lavoratori dell’edilizia e degli enti di servizio, all’agricoltura, che possono essere utilizzati in coerenza con gli obiettivi che segnaliamo”. Per la Cgil, la vertenza lanciata oggi a Catania “mette insieme gli interessi di chi lavora e quelli dei cittadini interessati a vivere in un’area urbana non degradata, sicura e a costi proporzionati al reddito di un lavoratore dipendente, di un pensionato o di un giovane che decide di staccarsi dalla famiglia”.

I lavori del convegno sono proseguiti tra il dibattito sulla rigenerazione urbana sostenibile, presieduto dalla segretaria regionale della Cgil Sicilia, Mimma Argurio e coordinato dal segretario generale di Cgil Catania, Giacomo Rota, e l’analisi degli studiosi di settore invitati dal sindacato. Nella prima parte del confronto, il segretario della Fillea Cgil Sicilia, Franco Tarantino, ha assicurato che “non c’è alcuna contraddizione tra l’esigenza di infrastrutture necessarie allo sviluppo della Sicilia e la necessità di avviare la rigenerazione urbana”. E lo conferma anche la segretaria del Sunia Sicilia, Giusi Milazzo, che ha ricordato come la soluzione del problema casa possa trovarsi proprio nella riqualificazione degli edifici dismessi, delle aree sottoutilizzate e nei quartieri degradati: “La Sicilia ha 200 milioni di fondi ex Gescal da utilizzare per ottenere nuove case popolari proprio grazie alla riqualificazione dell’esistente. L’esigenza di case non è dunque un alibi per nuove costruzioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il segretario dello Spi Sicilia, Maurizio Calà, che vede nei modelli di housing sociale per gli anziani anche il riscatto sociale di chi sa sfruttare al meglio gli spazi disponibili, per sconfiggere la solitudine della terza età ma anche la cementificazione.

A confermare la necessità della riqualificazione, anche il capo di gabinetto delle Infrastrutture alla Regione, Salvatore Lizzio (assente per impegni istituzionali l’assessore regionale Marco Falcone), che però ha sottolineato l’assenza di normative specifiche.  Con gli interventi dell'urbanista Vezio De Lucia, del responsabile dell'Area monitoraggio e analisi integrata trasformazioni territoriali e analisi integrata uso suolo, processi desertificazione dell'Ispra, Michele Munafò e del professore di Urbanistica dell'Università di Firenze, Alberto Ziparo, i lavori della seconda parte si sono concentrati sulla necessità di rivedere il disegno di legge relativo al consumo di suolo, di saper leggere tra i pericoli di una imminente densificazione urbana travestita da innovazione e tra gli interessi immobiliari che vedono città come Catania fare i conti con ben 135 mila alloggi vuoti.

Il convegno è stato concluso dalla segretaria nazionale Gianna Fracassi, che ha sottolineato come il dibattito su consumo di suolo e rigenerazione urbana non sia oggetto di discussione parlamentare ed è, dunque, “di fatto assente dall’agenda politica di questo Paese”. 

Per la Fracassi, “gli interventi sulla questione sono stati discontinui e non hanno trovato risorse nelle politiche generali. La Cgil crede invece che occorra ripartire dai bisogni della persona, anche puntando alla rigenerazione fisica dei centri storici che paradossalmente stanno diventando periferici rispetto ai bisogni dei cittadini. In questo momento poi, i luoghi del degrado dove è assente lo Stato sono il terreno dove si nutrono i nuovi fascismi. Chiediamo dunque una strategia nazionale e un impegno continuativo”.