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Uno dei tre referendum che la Cgil propone attraverso la sua raccolta firme ha come obiettivo l'abrogazione dell'articolo 29 del decreto legislativo 276 del 2003, cioè la limitazione della responsabilità solidale negli appalti. Il sindacato di Corso d'Italia, in sostanza, vuole così tutelare i diritti dei lavoratori di appalti e subappalti coinvolti nei processi di esternalizzazione. Si tratta, tra l'altro, di principi contenuti anche nella stessa Carta dei diritti universali del lavoro. “Perché la Carta ha come obiettivo ricostruire nel nostro Paese un diritto del lavoro che sia inclusivo, e che quindi superi il dualismo tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B che c'è oggi nel mercato del lavoro italiano”. A dirlo è stato Franco Martini, segretario confederale Cgil, ai microfoni di ElleRadio su RadioArticolo1.
Il concetto chiave che la Cgil vuole esprimere, ha spiegato Martini, “è che diritti e sviluppo economico non sono tra loro in contraddizione. Anzi, una moderna e avanzata civiltà del lavoro è una condizione per favorire una crescita di qualità della nostra economia. Per superare questo dualismo, però, dobbiamo riportare in serie A tutto il mondo di lavoratrici e di lavoratori che vive molto sotto la soglia delle tutele e dei diritti. E tra questi ci sono sicuramente i lavoratori che operano nel settore degli appalti. Sono ormai anni che sosteniamo che il sistema degli appalti è la più grande fabbrica di corruzione, di illegalità e di precarietà del lavoro. La Carta dei diritti si propone di superare questa realtà”.
Affrontare il tema degli appalti, in effetti, significa affrontare il 70-80% della nostra economia, ma è sopratutto, secondo il dirigente sindacale, “è anche un tema che getta una luce molto chiara ed evidente sulle contraddizioni e sulla propaganda del governo in materia di politiche del lavoro. Ci hanno voluto fa credere che il contratto a tutele crescenti avrebbe rappresentato una svolta nella direzione della stabilizzazione dell'occupazione e della crescita dei posti di lavoro. In realtà, con l'uso dei voucher da una parte, e con la vanificazione di un possibile salto di qualità nel nuovo Codice appalti dall'altra, c'è il rischio molto concreto di far scivolare ancor più il mercato del lavoro italiano in quel dualismo che dovevamo superare.”
La situazione in cui ci troviamo, ha continuato Martini, ci porterà verso “una precarietà sempre più consistente”. A dimostrarlo è sopratutto il settore degli appalti, nel quale, “non solo la quantità del lavoro non aumenta, anche perché in questi settori il monte ore lavoro si va sempre più riducendo e quindi parliamo di stipendi di poche centinaia di euro al mese in molti casi”. Ma a mancare, ha continuato il sindacalista, è “soprattutto la qualità del lavoro. Si è detto per molto tempo che il futuro dell'Italia sta nell'innovazione e nel coraggio del cambiamento. Ecco, il settore degli appalti descrive esattamente la realtà opposta. Una vecchia organizzazione dell'impresa, che decentra, che destruttura senza un investimento adeguato su quella che è una delle principali risorse dell'impresa, e cioè la risorsa lavoro”.
“Eppure il lavoro - ha concluso - non va solo inteso come manovalanza, ma anche come intelligenza, come contributo all'apporto del valore aggiunto dell'impresa. La vicenda degli appalti ci dice la verità sul fallimento delle politiche del lavoro di questo paese”.