Ripensare le Rsa e in generale tutto il sistema di assistenza agli anziani. E’ questa ormai la principale emergenza che si è fatta ancora più chiara con la pandemia e dopo la vera e propria strage di anziani avvenuta già nella prima fase della diffusione del Coronavirus. Si tratta di un tema di portata nazionale che assume particolari connotazioni nei singoli territori. La Lombardia è sicuramente uno dei laboratori della trasformazione.
Ne è convinto lo Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil, che a livello regionale ha promosso una ricerca in collaborazione con l’Ires per fare il punto sulla situazione. I risultati sono chiari: è necessario ripensare il sistema dei contributi per le Rsa e soprattutto cominciare a potenziare le cure domiciliari. In Lombardia ci sono 180 mila over 75 non autosufficienti, ma solo 62 mila posti letto nelle residenze sanitarie assistenziali. Titolo della ricerca, che è stata presentata lunedì: "Rsa: conoscerle per rinnovarle". Nella ricerca si mettono in evidenza prima di tutto i difetti e le carenze del sistema: mancanza di coordinamento e controllo da parte della Regione, rete dei servizi integrati per la non autosufficienza inesistente, bassi salari del personale e poca formazione. Le 717 strutture convenzionate dal sistema sanitario regionale con quasi 62 mila posti residenziali accreditati, corrispondenti a 27,1 ogni 1.000 anziani, vengono messe sotto i riflettori per dare un quadro esatto della situazione. Per lo Spi Cgil Lombardia occorre ridare slancio ai servizi sanitari e sociosanitari territoriali, potenziare le cure a domicilio per non costringere gli anziani ad uscire di casa in condizioni spesso molto precarie. Si dovranno potenziare anche le strutture intermedie e le forme di “residenzialità leggera” e rivedere le quote di contributi riconosciuti dalla Regione alle Rsa, ferme al 2003. 
Siamo “disponibili a un dialogo con il Governo per una legge quadro sulla non autosufficienza”, dicono i dirigenti dello Spi che pensano ad un rafforzamento della rete della non autosufficienza e dei servizi sociosanitari territoriali. Chiesto anche il riconoscimento della figura dei caregiver veda il riconoscimento di questa condizione con criteri uniformi in tutto il Paese, la copertura integrale dei costi delle prestazioni a carico del Sistema sanitario nazionale per l'assistenza alle persone non autosufficienti gravissime, il riconoscimento della figura del caregiver, ha detto il segretario generale Spi Cgil Lombardia Valerio Zanolla, convinto che serva "un incremento delle risorse nazionali e regionali. A livello regionale, va rinegoziata la garanzia del valore pubblico e universale del sistema sociosanitario». Nel 2015 la Regione ha speso 561 euro pro capite per gli over 65 di cui 457 per i servizi residenziali e "solo" 104 per quelli domiciliari e per i servizi ambulatoriali diurni. Da qui la richiesta di creare una rete di servizi integrati peri non auto sufficienti, quindi una alternativa all'ingresso nelle Rsa che "hanno seguito negli ultimi anni un percorso di "sanitari77a 710ne", ospitando casi sempre più gravi e complessi". La quota sanitaria è al 39% della retta (con previsto un aumento del 2,5%), inferiore a quella di altre regioni. Durante la pandemia le Rsa sono state lasciate sole dal sistema sanitario - secondo la Cgil -. E necessario non ripetere gli stessi errori.
La ricerca è servita per scattare la foto, per conoscere la realtà concreta. Sulla base dei quei dati ora il sindacato dei pensionati è in grado di elaborare una serie di proposte strategiche. Ecco come le ha elencate il segretario generale Zanolla durante la presentazione. 
“Per intervenire o dare un contributo attivo - spiega Zanolla - pensiamo sia necessario partire dalla realtà esistente, bella o brutta che sia, e la realtà ci presenta sempre più persone che invecchiano senza conviventi e senza una rete famigliare di supporto ed è per questo che il sindacato nazionale dei pensionati insiste sulla necessità di promulgare una legge quadro sulla non autosufficienza. La commissione istituita dal secondo governo Conte ha redatto un documento che coinvolge tutto il mondo degli over 65 e individua una risposta che va oltre le Rsa così come le conosciamo. Non entro nel merito di quel documento conclusivo ma mi domando tutto quel lavoro sarà cestinato o fungerà da base per un confronto utile? Bisogna evitare che gli studi e le analisi fatte decadono ad ogni cambiamento di governo, tanto più che è rimasto in carica lo stesso ministro della sanità”. 
Infine ci si pone il problema con chi discutere e portare avanti le idee del sindacato. Per il segretario ci sono alcune priorità. 
“Noi crediamo che in questa particolare azione è necessario avere dei partner e che gli attuali protagonisti istituzionali e sociali non possono essere identificati come amici o nemici. E’ necessario dialogare con una serie di soggetti: per primi i parenti degli ospiti delle Rsa; quindi i gestori con i quali noi dialoghiamo l’abbiamo visto con la nostra attività di coesione sociale e con la distribuzione delle stanze degli abbracci; le loro associazioni, con i lavoratori dipendenti, che hanno diritto ad un trattamento economico e normativo migliore. Va superato il precariato e bisogna assumerli con una professionalità adeguata, naturale conseguenza di un trattamento economico equo; poi i medici di medicina generale. Ma infine c’è anche la politica, che deve, in particolare in Lombardia saper ripensare il ruolo dell’operatore pubblico perché ora il sistema si interessa marginalmente all’assistenza e ai non autosufficienti e su questo serve un adeguato controllo e coordinamento da parte della regione. 
“Tutte le persone anziane vanno difese e curate, non solo perché diventeremo anziani anche noi se abbiamo fortuna - ha detto Zanolla - ma anche per molti altri motivi, a cominciare dalla riconoscenza per quello che ci hanno dato, perché la civiltà di un paese si misura anche per questo, perché sono fragili e hanno bisogno di noi, perché possono insegnarci ancora molte cose e per mille altre ragioni. Che ognuno ha ben chiare nella propria testa”.